Ross Welford, In viaggio nel tempo con il criceto, Rizzoli
Possono essere veramente complicati (e appassionanti) i viaggi nel tempo, e chiunque sia cresciuto negli anni ’80 a pane e “Ritorno al futuro” lo sa bene, tra un ballo a tema “Incanto sotto il mare”, incontri imbarazzanti con i propri genitori e danni irreparabili (o quasi) che mettono a rischio la propria stessa vita nel futuro… Insomma, il passato sembra materia fragile in cui rimettere le mani una volta che è appunto, come dice la parola stessa, passato.
Che grande tentazione, però, poter tornare indietro nel tempo, soprattutto quando il presente ci ha regalato una brutta sorpresa e ci sembra, proprio con quel viaggio impossibile, di poter fare qualcosa per far ritornare tutto al posto giusto.
Mio padre è morto due volte. Una a trentanove anni e un’altra quattro anni dopo, quando ne aveva dodici. (Morirà una terza volta, che può sembrare davvero ingrato come destino, ma questa non la posso evitare).
Come è possibile? Siete un po’ confusi? Questa è la prima sensazione all’inizio della lettura di In viaggio nel tempo con il criceto, opera prima di Ross Welford, edita in Italia da Rizzoli.
Tra tutti i viaggi del tempo possibili e immaginabili (e già immaginati e scritti), quello in cui ci ritroviamo durante la lettura si distingue certamente per la sua improbabile “macchina del tempo”: un computer portatile e una vasca di zinco da giardino.
Andando avanti nella narrazione, pian piano tutto diventa più chiaro.
A raccontarci la sua storia è direttamente il protagonista, Albert, o meglio Al, che, dalla morte del padre, ha visto cambiare molte cose nella sua vita: ha lasciato la sua vecchia casa e ora vive con la madre, il nuovo compagno di lei, Steve, e la figlia di quest’ultimo, Carly o, meglio, la Sorellastra Venuta dall’Inferno.
Il 12 maggio, il giorno del suo dodicesimo compleanno, Al riceve due regali, uno più speciale dell’altro: un criceto che, seguendo il consiglio di Steve, chiamerà Alan Shearer (il nome di un attaccante della squadra del New Castle) e una lettera da parte del padre, scritta per lui molto tempo prima e ritrovata dopo la sua morte, con sopra una indicazione molto precisa “IMPORTANTE: aprire la busta SOLO 16 ORE DOPO averla ricevuta. Da consegnare per il dodicesimo compleanno”.
Da questa lettera comincia un’avventura che sarebbe molto difficile raccontarvi in poche parole. Al dovrà armarsi di coraggio, di intraprendenza e anche di qualche aiuto (inaspettatamente anche quello di Carly che si rivelerà non proprio una Sorellastra Venuta dall’Inferno); viaggiando nel tempo si ritroverà faccia a faccia con suo padre bambino, così simile a lui da portare anche a uno scambio di persona, e con la figura – sempre presente, accogliente e saggia – del nonno Byron, a cui deve le sue origini indiane.
Non basterà un solo viaggio nel tempo per rimettere a posto le cose, anzi, inizialmente Al rischierà di combinare un bel guaio e si troverà davanti a difficoltà inaspettate, ma rispetto a tante altre storie sull’argomento, il finale mi ha sorpreso e spiazzato.
Un romanzo per nulla scontato e un buon esordio che vede il trionfo della fantasia e del sogno su una realtà difficile da accettare. Certo, la vita non è così, ma ogni tanto è bene che, almeno un libro, non ce lo ricordi.