Silvia Vecchini, illustrazioni di Daniela Iride Murgia, Una foglia (Edizioni Corsare)
Se potessi scegliere di entrare per un giorno tra le pagine di un libro e vivere tra quei colori e quelle linee, sono certa che uno dei primi nomi a venirmi in mente sarebbe quello di Daniela Iride Murgia. In Una foglia, per esempio, entrerei di corsa, dopo essermi premunita di un paio di stivali da pioggia, di una giacca e di una sciarpa, perché – finita l’estate – soffia il vento e comincia a far freddo anche tra le pagine dell’albo edito da Edizioni Corsare.
Poesia, tra città e natura
Il testo di Silvia Vecchini (di cui abbiamo amato i versi in Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno) è poetico ed evocativo. Nelle sue parole città e natura si intrecciano. Le stagioni e il loro susseguirsi mutano colori e paesaggio in una città sempre di corsa, con i tram che cominciano le loro corse la mattina presto, automobili e biciclette in movimento di cui non conosciamo la destinazione. C’è chi lavora per le strade, chi si muove nella confusione ma, per fortuna, c’è anche chi ha il tempo di fermarsi a giocare in un parco, tra una pozzanghera e un albero.
A tessere le fila di questo intreccio c’è una semplice foglia, è lei a osservare la città, dall’alto dei rami, dal basso una volta caduta (“Rimase a guardare l’albero dalle radici fino alla cima. / Com’è forte visto da quaggiù. / Quanta strada faceva ogni giorno la linfa per arrivare da me”) e anche attraverso, grazie alla capriole con cui la spinge il vento. All’inizio la sua visuale è ridotta, quando è sull’albero infatti può osservare l’arrivo di un tram, seguirne parte del percorso, ma poi lo vede sparire dietro una curva, tra i palazzi della città e ciò che vi si nasconde dietro rimane un mistero. Grazie al vento e grazie ai raggi di una bici in cui rimane incastrata, la foglia può andare oltre il limite di quella curva e scoprire nuove bellezze, tra passanti, colori, rumori, insegne.
Finire tra le mani di un bambino vuol dire poi lo schiudersi di un nuovo mondo, di giochi e di misteri, ma è anche vero che il vento continua a soffiare…
Leggeri come foglie, caldi come l’autunno
Evocative, come il testo, sono le immagini: i due elementi dell’albo dialogano in un perfetto accordo.
Quello che sempre risuona nelle illustrazioni di Daniela Iride Murgia è eleganza, raffinatezza, sospensione. La città in cui ci troviamo è allo stesso tempo una città reale e una città di sogno in cui perdersi, come – appunto – una foglia trascinata dal vento.
Pur essendo ben riconoscibile il suo stile (noi vi abbiamo parlato dei suoi Il mistero di Colapesce e A Ritrovar le Storie, in altra sede ho scritto di Max Ernst, el hombre pájaro, inedito in Italia), in questo libro acquista aria e leggerezza, complice il fondo bianco e pulito e la scelta dei colori.
Una serie di linee colorate (giallo-rosso-verde-azzurro) segnano le rotaie del tram, cerchi nell’acqua di pozzanghere in cui giocare, i raggi di una bicicletta, lo spazio intorno a figure e alberi; figure geometriche come su carta da parati decorano le piastrelle delle facciate dei palazzi, facendomi sentire un po’ a Lisbona – pur non essendoci mai stata, è così che la immagino; impossibile, poi, non innamorarsi delle stoffe di sciarpe e giacche (anzi, per favore, qualcuno le metta in produzione).
Un albo che profuma di autunno, con colori e parole che accolgono anche quando, invece di restare a casa, ci si mette in viaggio verso qualcosa di sconosciuto.