Una vecchia leggenda cinese narra di un monaco che fu incaricato dal proprio Ordine di girovagare per il mondo, disegnando tutto ciò che avrebbe visto e incontrato sulla superficie di un piccolo quadrato di porcellana.
Improvvisamente il quadrato gli cadde di mano, frantumandosi in sette pezzi. Al dispiacere seguì lo stupore, ed il monaco si rese conto che il viaggio non era più necessario: tutto ciò che gli serviva per ammirare le bellezze del mondo erano quei soli pezzi di porcellana.
E’ durante l’Ottocento che in Occidente si è iniziato a parlare del tangram, giunto in Europa sulla scia della cosidetta moda orientale che ha imperversato per qualche tempo tra i salotti bene della nostra nobiltà. Un gioco semplice, le cui radici, al di là della leggenda, si perdono nel tempo.
In Cina è conosciuto come Quadrato della saggezza (o Sette pietre della sapienza), essendo in questa cultura il quadrato simbolo magico, depositario di antiche conoscenze e araldo dell’Infinito.
Giocarci, come già detto, è piuttosto semplice.
Tutto ciò che ci serve è un quadrato da suddividere (come in figura) in sette parti, utilizzando poi tali pezzi per comporre quante più figure possibili.
Più di 16,000 i soggetti conosciuti. Una vera e propria sfida alla nostra creatività.
Ma si può giocare anche inversamente, trasformando così il tangram da passatempo creativo a rompicapo (tanto da esser stato praticato anche all’interno dei circoli matematici ottocenteschi, con il famoso Lewis Carroll autore, nel 1817, di un libello intitolato The fashionable chinese puzzle).
In tal caso, il punto di partenza non sono più i sette pezzi scomposti, bensì un’immagine già intera, con l’obiettivo, per chi si cimenta, di rintracciare la giusta composizione delle varie parti.
Cartoncino e forbici, dunque.
Per una sfida all’ultima composizione.