La luce della cucina la illuminava: se ne stava lì con le sue rigide treccine rosse e ancora aveva addosso la camicia da notte di suo padre che le fluttuava tra le gambe. In una mano teneva la pistola e nell’altra la sciabola: si stava esercitando.
“Da grande farò il pirata” strillava. “E voi?”
Come abbiamo visto nella precedente puntata, Pippi è così eccezionale e avanguardistica che il primo editore svedese, ritenendola troppo trasgressiva, rifiutò la pubblicazione del libro (pentendosene poi amaramente). La nostra monella è infatti una sorta di femminista ante litteram, a cui si sono ispirate, oltre che molte ragazze dei movimenti studenteschi sessantottini, l’artista svizzera Pipilotti Rist e Lisbeth Salander, personaggio della trilogia Millenium di Stieg Larsson.
Pippi Calzelunghe, tradotto in ben 54 lingue, fu pubblicato la prima volta nel 1945 dalla casa editrice Rabén & Sjögren in tre libri distinti, poi riuniti in un unico volume edito in Italia da Vallecchi nel 1958 e da Salani nel 1988, con le illustrazioni di Ingrid Vang Nyman. Il romanzo suscitò grande scalpore tra i perfettini imborghesiti, perché capovolgeva i modelli educazionali tipici della società dell’epoca. Basta confrontare l’inusuale comportamento di Pippi con quello dei suoi vicini di casa, i fratellini biondi Tommy e Annika, silenziosi, obbedienti e remissivi, per comprendere la portata rivoluzionaria della protagonista: Pippi fa ciò che le pare, a scuola non ci va, cucina e pulisce da sola, addirittura si rimprovera da sola!
Anche Astrid Lindgren è ricordata come eroina anticonvenzionale. Per esempio, per esprimere il suo disappunto nei confronti della politica fiscale adottata dai socialdemocratici in Svezia, intervenne in prima persona e scrisse una favola tagliente e satirica, Pomperipossa, che le fruttò molta notorietà.
Ma la scrittrice fu soprattutto una donna emancipata, una delle prime ragazze di Vimmerby a tagliarsi i capelli corti: una flapper girl, che a soli 19 anni lasciò la famiglia per trasferirsi a Stoccolma, incinta del primo figlio Lars.
Come Pippi, Astrid rimase indissolubilmente legata alla sua terra, alla vita di campagna e soprattutto ai ricordi d’infanzia, un’infanzia meravigliosa che traspare in tutti i suoi libri, da “Emil” a “Karlson sul tetto”, da “Ronja” a “Martina di Poggio di Giugno”. Lo dice l’autrice stessa:
“There is no child who can inspire me other than the child I myself once was. You don’t have to have children of your own to write children’s book, not at all. You just have to have been a child yourself once upon a time – and to remember roughly what it was like “.
D’altra parte Pippi, una Peter Pan in gonnella, detesta l’idea di diventare grande: “Le persone grandi non si divertono mai. Hanno solo molto da lavorare, abiti buffi, i calli e le tasse cumunali”. Come fare? Pare che per evitare questa inutile tragedia basti prendere le pillole Cunegunde, molto simili ai piselli gialli…
Se il merito sia di queste strane pillole non lo sappiamo, ma Pippi resterà per sempre la bambina buffa con le treccine rosse e le lentiggini. Dopo averla incontrata, rimane un solo ardente desiderio: fare merenda con lei a base di morbide ciambelle, panna e caffè, tra i rami della grande quercia nel giardino della sua casetta sgangherata.