Si era appena addormentata. Le lancette della sveglia, che al mattino le ricordavano l'appuntamento con la scuola, cominciarono a girare all'incontrario. In pochi secondi, i suoi quasi sei anni si riavvolsero intorno al nastro della vita e Marta si ritrovò nello stesso punto da dove era partita.
Tra le nuvole, quello è il luogo deputato ai richiami. Non ci fu il tempo per leggere il dispositivo di insediamento previsto dalla procedura. Marta era arrivata tardi a causa del racconto pre-nanna che il papà aveva prolungato oltre il solito, incuriosito (lui più della figlia) dal dispiegarsi degli eventi della storia. "Se avessi saputo, per farlo smettere, come faccio a volte, avrei finto di addormentarmi piuttosto che compiacerlo", cercò di giustificarsi. "Non importa, passiamo all'analisi del caso", disse il "Presidente" con il distacco richiesto dall'ufficialità dell'occasione, nonostante fosse passato molto tempo dal loro ultimo incontro.
Tutti i presenti, Marta compresa, erano consapevoli di quanto stava accadendo. Era stato necessario riportarla alla condizione precedente alla nascita per incontrarla e poter "esaminare" il suo stato di bambina. Solo così sarebbe stato possibile farlo senza contravvenire alla regola che una volta perse le ali non si può più tornare indietro. Il "richiamo", infatti, è uno dei modi con cui la "Commissione" segue gli angeli lasciati cadere sulla terra e li sostiene nell'affrontare i momenti più impegnativi della loro esperienza tra gli umani.
Cominciò il più anziano: "Ti osserviamo e apprezziamo la determinazione con cui stai portando avanti la missione che ti è stata affidata. Negli ultimi mesi, però, sei molto agitata, capricciosa e volubile. Cosa ti turba?". Marta, confusa, si muoveva a disagio al centro dell'arena. Indossare le ali non era più naturale come un tempo. Si guardò intorno alla ricerca, tra i tanti presenti, di un cenno di incoraggiamento. Lo trovò nello sguardo dolce di un piccolo angelo che le sorrise.
Era proprio il momento di essere sincera e confidare quello che le sembrava fosse impossibile dire ai propri genitori. E lo fece con la consapevolezza che solo la ritrovata dimensione angelica poteva consentirle: "Ho paura di aver perso l'amore di mamma e papà". Poi argomentò: "Non hanno più tempo per me e le loro attenzioni sono volte ad altro". Sulle motivazioni di tanta distrazione sapeva di essere stata reticente e si meravigliò che non le fu chiesto altro.
Fu aperto il dibattito nel corso del quale ogni angelo presente intervenne per dire la sua e dare un consiglio all'esaminanda. Dopo aver chiesto il permesso, tra gli altri, intervenne anche quell'angioletto che le aveva sorriso ma lo fece per condividere con l’assemblea l’eccitazione dovuta al fatto che la sua "attesa" stava per finire. "Mi hanno chiamata e mi hanno detto di tenermi pronta", disse. "Tra poco, dovrò mettermi in fila al varco d'uscita per raggiungere mia sorella maggiore". Poi con orgoglio, aggiunse: "Mi è stato detto che si tratta di una bimba molto in gamba che mi proteggerà e mi guiderà nel corso della vita". Non sapeva perché ma, ora, Marta si sentiva serena e libera da quel peso che aveva motivato il suo "richiamo".
"Adesso puoi andare", disse improvvisamente il più giovane della Commissione, tradendo l'emozione per quello che poteva essere l'addio definitivo a quella bambina a cui, nonostante i modi burberi, erano legati da profondo affetto. "Ti lasciamo tornare al tuo futuro", sentenziò.
Senza che neanche la sveglia suonasse, Marta apri gli occhi e si ricordò della sua ascesa tra le nuvole, dell'arena, della Commissione e di quell'angioletto in cui aveva riconosciuto quella che poi sarebbe diventata sua sorella Agnese. In quello stesso istante, restò accecata dalla luce del sole che entrava dalla finestra della sua cameretta e quelle immagini, fino ad allora così nitide, repentinamente scomparvero.
Marta capi che si era trattato di un sogno, solo di uno strano sogno. Forse.