Questa è la vera verità di Dan Gemeinhart (traduzione di Anna Carbone) non è un libro esattamente allegro. Se lo prendete in mano pensando di leggere una storia leggerina, di quelle che servono solo a passare il tempo forse avete sbagliato libro.
O forse no, dipende da voi.
Come definireste un libro dove il protagonista è un bambino di 12 anni con un cancro e un sogno impossibile come scalare il monte Rainier (4394m)?
La prima parola che mi è venuta in mente, non appena ho letto i primi capitoli, è stata triste. Poi però mi sono dovuta ricredere: la tristezza è nel nostro punto di vista, consci di quello che accadrà al bambino (a 12 anni in fondo si è ancora bambini). In Mark invece albergano una forte determinazione unita a dell’amara rassegnazione: morire deve morire, perché allora non morire alle sue condizioni? Perché non fare del periodo che gli rimane una grandiosa e rischiosissima avventura?
Così Mark parte: zaino in spalla, berretto sulla testa, soldi contati e biglietti già stampati (è un bambino molto organizzato), esce di casa senza voltarsi e parte alla volta dell’orizzonte. Il suo orizzonte è una montagna, una signora montagna, di cui ha sentito parlare dal nonno e che ha sempre desiderato scalare. C’è chi ce l’ha nel sangue la montagna: gli occhi al cielo, poche parole, grande determinazione. Senza dire niente a nessuno Mark se ne va, realizzando il peggior incubo di ogni genitore di bambini terminali (ma anche di bambini sani). Non è però proprio solo: in fondo che avventura sarebbe senza un amico fidato, pronto a seguirti in capo al mondo? L’altro protagonista di questa storia è Beau, un cane straordinariamente normale.
Quello che ti domandi per tutto il libro è se Mark ci riuscirà a realizzare il suo ostinato sogno. È un bambino intelligente e riesce a depistare i suoi inseguitori, raggiungendo i suoi obiettivi uno alla volta, ma ogni passo per lui sembra una condanna. Nausea, debolezza, mancamenti: siamo noi i genitori preoccupati mentre lo vediamo spegnersi pagina dopo pagina. Per fortuna c’è Beau, che lo difende, lo lecca amorevolmente, si rannicchia accanto a lui nella notte trasmettendogli il suo calore. Il cagnolino lo tiene in vita e gli dà l’unico motivo, forse, per sopravvivere: proteggerlo. È straordinaria la forza di cui siamo capaci quando vogliamo proteggere qualcuno che amiamo.
Gli ingredienti per far scendere una silenziosa lacrima lungo la guancia ci sono tutti, e la parola fine sembra già esser stata scritta. Dan Gemeinhart però non ci sta raccontando una storia drammatica, stereotipata: racconta una storia fatta di rabbia, ostinazione e tanta voglia di vivere. In questo libro c’è si un destino spietato che si accanisce contro un bambino allo stremo, ma senza drammatizzare. È un racconto lucido e razionale, a tratti fin troppo duro ed è lì che stai per cedere alla commiserazione, magari mormorando “povero bambino“, però questo Mark non te lo permette. Al contrario di altri libri in cui si raccontano vicende simili, qui quello che ti colpisce è la determinazione di Mark: lui vuole in cima al monte Rainier. Se ci riesce o meno lo si può scoprire solo leggendo.
Si stavo male ed ero ferito. E con questo?
Non era mica una novità.
Va bene, avevo quasi finito i soldi, e la notte i lupi mi avevano fatto a pezzi.
Ma c’era il mio cane con me. Avevo ancora tempo. Dovevo andare.