Avete presente quando amate qualcuno? Succede che ogni discorso vi parla di questa persona, vi sembra di vederla ovunque, ogni esperienza che un amico vi racconta sembra cucita addosso alla persona di cui siete innamorati.
Poi la fase dell’innamoramento passa e – oh, per fortuna! – i discorsi tornano a farsi un pochino più neutri, tornate insomma a vedere e sentire in modo equilibrato.
Succede purtroppo che una persona a cui vogliamo molto bene a volte ci faccia soffrire, non per causa sua – ad esempio – può ammalarsi. Avete presente tutto l’amore di cui vi ho appena parlato? Beh, ci volta la sua luminosissima faccia e ce ne mostra una altrettanto intensa ma scura, che si chiama dolore.
Il dolore funziona come l’amore ma al contrario: intanto ne proverete tanto quanto avete amato e poi, proprio come vi dicevo, ancora una volta non sarete lucidi, tutto sembrerà parlare della persona che vi sta facendo soffrire, suo malgrado, in ogni esperienza leggerete la vostra in controluce.
Che cosa ha a che vedere Peter Pan con tutto ciò?
Vedete, leggendo questo articolo su una grande rivista americana, ho scoperto che un giornalista ha visto nella storia dell’eterno fanciullo la sua mamma, che ora non c’è più, ma che è stata a lungo malata del terribile morbo di Alzheimer.
Proprio come dicevamo prima, l’amore che Brad Leithauser – il giornalista – ha nutrito per la sua mamma lo ha spinto ad adottare nelle diverse riletture del classico di Barrie una chiave tutta particolare. Si è convinto sempre di più che Peter manifestasse i sintomi di un tipico malato di Alzheimer, primo tra i quali la perdita della memoria. In effetti questo ce lo ricordiamo proprio tutti: Peter era uno smemorato pazzesco.
Per Peter, che non vuole crescere, i ricordi lontani e vicini erano fardelli quasi insopportabili, molto simili agli anni che si accumulano sulle spalle appena ti distrai un attimo. Ricordare per lui voleva dire avere giorni passati, tanto tempo alle sue spalle, essere dunque più esperto degli altri bambini. Ricordare voleva anche dire non volare: solo i ragazzini, nel mondo di J.M. Barrie, potevano (con l’aiuto di Tinker Bell, ok) volare. Gli adulti no, per niente al mondo. Gli adulti avevano (hanno) una pesantezza che impedisce loro di elevarsi – e che non stiamo parlando solo di chili e ossa grosse, è inutile che ve lo spieghi.
La mamma di questo giornalista dunque, sotto i riflettori del dolore, era tornata bambina, una bimba a metà, intrappolata nel corpo di una donna anziana, per la quale non ricordare è un grande problema nella vita di tutti i giorni. Una realtà molto triste e spaventosa da affrontare, soprattutto per i suoi cari, volenterosi ma inermi di fronte a una sfida di questo calibro.
Quanto sarebbe stato facile abbandonarsi al sentimento di ingiustizia e rimanere nel dolore, nella disperazione inevitabile di fronte alle malattie invalidanti?
Per trovare la giusta consolazione, che gli permettesse di stare vicino alla sua mamma e allo stesso tempo di portare avanti la propria vita, questo giornalista non è mica entrato in possesso di super poteri. Per niente, si è semplicemente ricordato di un libro che aveva letto, lo ha ripreso in mano e lo ha riletto. Ne ha letti altri e poi altri ancora. Anche quando stava meglio, ha continuato a leggere e a mettere sotto la cintura un sacco di tesori che a momento debito, qualora la vita si fosse fatta più dura, avrebbe tirato fuori per farsi largo, per farsi luce.
Guardate insomma questo signore che cosa è riuscito a fare con un libro, un piacevolissimo classico per ragazzi. Guardate quanto diventa importante un libro che si legge in una domenica. Pensateci e ditemi se conoscete un’azione diversa dal leggere che vi fornisca armi tanto affilate eppure tanto utili e pacifiche.