Leggendo Per fare il ritratto di un pesce, sia la storia, scritta da Pascale Petit, che le illustrazioni, di Maja Celija, mi portano immediatamente a pensare ai dipinti di un grande pittore del Novecento: René Magritte. Già a partire dalla copertina, dove il protagonista è immerso fino alle ginocchia nel mare con in mano un suo quadro, su cui è dipinto il mare stesso. Surrealismo, illusione, sogno e mistero sono le parole che descrivono il lavoro di Magritte e i suoi enigmatici quadri, capaci di insinuare dubbi sulla realtà, su ciò che è reale e su ciò che ne è una rappresentazione.
Credo che il libro di Petit e Celija sia fondato sugli stessi valori e voglia lasciare al lettore lo stesso interrogativo: è tutto vero o è solo un sogno? La vicenda narra due storie: la prima è quella di un pittore, ritratto con in testa un cappello, che ricorda molto una bombetta, il famoso cappello che era solito dipingere Magritte; la seconda è quella di un gruppo di bambini sulla spiaggia che cercano di catturare un pesce e tenerlo in una boccia di vetro, mentre il pittore vorrebbe farne un ritratto. Le due storie si alternano e si intrecciano, mescolandosi fino a un punto che sembra confuso, dove non è ben chiaro se ciò che sta accadendo è frutto del sogno del pittore che si è appisolato in riva al mare o se sta succedendo realmente sotto i nostri occhi.
Una piccola magia si compie quando il gruppo di ragazzini trova la tela abbandonata dal pittore addormentato sulla spiaggia.
Per fare il ritratto di un pesce è edito da Orecchio Acerbo.