Lo confesso: non è che io vada poi così matto per la bella stagione.
Vuoi perché sorseggiare una tazza di tè mentre il termometro indica 40 gradi all’ombra può essere alquanto pericoloso, vuoi perché portando il cilindro durante la canicola si rischia di ritrovarselo fuso con la testa. Un blocco unico, ecco.
Per questi e per altri 999 motivi, io e l’estate facciamo spesso a pugni, e, per la cronaca, vince sempre lei. In pratica le prendo da una donna ogni anno. Bella storia, lo so.
Comunque, proprio perché ormai a giugno inoltrato, spiagge in vista e ciambelle da mare intorno alla vita, ho pensato bene di guardarmi un po’ indietro. Dare un colpo di reni alla ruota del tempo e ritornare in inverno. Scelta obbligata, del resto, se vogliamo giocare alle nucelle. E, da che mondo e mondo, lo si può fare solo in quella stagione, senza se e senza ma, dato che di nocciole (o noci) in estate non dovrebbero proprio vedersene.
Se si possiede la fortuna di abitare in campagna, o quanto meno di poter sfuggire di tanto in tanto al caos cittadino per trascorrere qualche ora tra il verde, non credo possa esser raro, girovagando magari tra vecchie fattorie o cascine, soprattutto nel Meridione, notare la presenza, nell’angolo buio di una stanza da tempo disabitata, un buco. Una semplice fossa, profonda qualche centimetro, ottenuta scavando direttamente nel pavimento.
Ecco, lì, proprio in quell’angolino, magari mentre un camino scoppiettante forniva la giusta illuminazione alle sere invernali, è molto probabile che dei bambini abbiano giocato alle nucelle, il gioco delle nocciole.
Svetonio ci racconta che vi giocava Augusto durante i Saturnalia, mentre Ovidio è arrivato addirittura a scriverci un’intera opera: Le noci, per l’appunto.
Alle nucelle si giocava nell’antica Roma e con le nucelle giocavano i nostri nonni almeno fino al secondo dopoguerra.
Il regolamento è alquanto semplice. Anche se molte le varianti.
Giocando con un numero prestabilito di nucelle, scopo è prevedere il quantitativo esatto che s’intende destinare, lanciandole a mò di bocce, alla fossa. Un tot dentro ed un tot fuori, ecco.
Colui che vi riesce è legittimato ad impossessarsi di tutte le nucelle in campo.
Una tra le varianti, oserei dire la più conosciuta, in epoche passate chiamata ludus castellorum, prevede invece la costruzione di una piccola piramide da buttar giù. Alla bowling, per intenderci.
Non è un caso che il gioco delle nucelle sia andato via via estinguendosi, adeguatamente conosciuto fino agli anni Sessanta, e poi vittima del lento sparire di tutte quelle semplici usanze contadine col tempo venute meno.
Ed anche le nucelle, le biglie dei poveri, sono state così sostituite… Nel loro caso, da videogame e scheletri di plastica.