Non è la prima volta che parliamo di archeologia e scuola, qualche settimana fa abbiamo, infatti, intervistato una maestra perchè ci parlasse di questo rapporto e del perchè fosse, secondo lei, importante presentare l’archeologia ai bambini per l’insegnamento della storia.
Molti, per quanto mi riguarda, sono stati gli spunti di riflessione e di approfondimento, soprattutto mi ha colpito il modo con cui viene presentato il profilo e il mestiere dell’archeologo nei libri di testo scolastici.
Francamente non mi ero mai soffermata molto sulla questione della presenza o meno nei libri della figura dell’archeologo, anzi per me era quasi un non problema perché pensavo che con l’introduzione della storia in terza elementare si parlasse automaticamente dei professionisti e delle professionalità che concorrono a scrivere la Storia delle storie: praticamente un assioma. Convinzione dettata molto probabilmente dalle mie esperienze personali: ricordo, infatti, in maniera piuttosto vivida, alcuni incontri avvenuti nella mia classe con un’archeologa, durante i quali la studiosa si presentava e ci illustrava il suo lavoro.
Chiaramente non ricordo con altrettanta lucidità il mio sussidiario, mi sono quindi molto incuriosita e per questo motivo ho voluto, in qualche modo, verificare cosa dicessero gli odierni libri di testo. Ho raccolto alcuni sussidiari relativi alla terza classe e sono andata a leggere le prime pagine della sezione di Storia, dove vengono introdotti i concetti di tempo, di passato, di storie degli uomini, e dove, in teoria, vengono presentate le fonti utilizzate per la ricostruzione della Storia e coloro che usano e interpretano questi documenti.
Quello che propongo è un semplice campione basato sui materiali che sono riuscita a reperire; inoltre sono di anni diversi, quindi significa che fanno riferimento a programmi ministeriali diversi. Infine, e questo ci tengo a sottolinearlo, non voglio assolutamente lanciarmi in analisi di natura didattica e pedagogica dell’intero sussidiario né stilare una classifica per assegnare il premio per il miglior volume, ma semplicemente fornire una sorta di fotografia delle pagine nelle quali dovrebbe essere presentato l’archeologo.
In Millennium, sussidiario 3, diretto da Elio D’Aniello e Gisella Moroni, Milano, Immedia Editrice, 2009 le parole archeologo e archeologia non compaiono mai.
Nelle pagine introduttive il concetto di storia viene così presentato: “[parlando dell’invenzione della ruota] Chi avrà costruito la prima ruota? E quando? E come mai? (…) Per rispondere a queste domande, per ricostruire questa “storia”, dobbiamo rivolgerci allo storico. Lo storico è colui che sa raccontare le “storie” e spiega come sono andate le cose nel passato. ” “(…) La Storia è l’insieme delle storie (…). La Storia ci racconta il cammino fatto per giungere agli oggetti che usiamo, alle conoscenze che abbiamo, alle leggi e alle regole che dobbiamo rispettare… al cibo che mangiamo.” Inoltre un breve approfondimento pone l’attenzione sul termine raccontare, una narrazione nella quale non si deve dimenticare chi sia il protagonista, che cosa sia successo, come e dove l’azione sia accaduta e infine il come e il perché.
In Studiare è capire, sussidiario della terza classe, a cura di Luigi Calonghi, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1988, l’archeologia è menzionata nella scheda di presentazione della ricostruzione della storia. Gli archeologi non sono tanto degli studiosi quanto piuttosto “fornitori di testimonianze” per gli storici, necessari soprattutto, se non quasi esclusivamente, nella ricostruzione della Preistoria. “Gli studiosi di storia cercano di ricostruire il passato mediante le testimonianze di chi è stato presente ai fatti o li ha seguiti da vicino, e attraverso i documenti che riescono ad avere: scritti (…), registrazioni e fotografie, monumenti e oggetti.” (…) “La difficoltà aumenta quando si tratta di ricostruire ciò che è successo in epoche antichissime: gli uomini primitivi non conoscevano ancora la scrittura e quindi non poterono lasciar alcun documento scritto.” (…) “Per conoscere qualcosa degli uomini primitivi, gli storici hanno studiato quello che gli archeologi hanno trovato in numerosi scavi e in antiche grotte: utensili di uso domestico, strumenti di lavoro, armi, oggetti di ornamento, incisioni…”
Studiare è capire, sussidiario della terza classe, a cura di Luigi Calonghi, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1988, p. 25.
In Sapere e saper fare 3, corso di sussidiari diretto da Ivone Balicco, Firenze, Giunti Scuola, 2001, ampio spazio è dedicato alle immagini. La sezione di storia si apre, infatti, con una scena di scavo archeologico dove vengono illustrate le varie attività svolte sul campo, accompagnate da brevissime descrizioni. Si apprende, ad esempio, che “gli archeologi cercano di ricostruire la storia degli uomini vissuti tanto tempo fa. Per questo cercano le loro tracce, cioè i reperti che hanno lasciato”.
Sapere e saper fare 3, corso di sussidiari diretto da Ivone Balicco, Firenze, Giunti Scuola, 2001, pp. 44-45.
I reperti sono dunque documenti cercati e trovati dall’archeologo e messi a disposizione dello storico. Si legge infatti nella pagina successiva: “Gli storici osservano i reperti trovati dagli archeologi e ricostruiscono i fatti del passato. Ogni reperto è una preziosa fonte di informazione, perché può servire a capire meglio la storia degli uomini vissuti prima di noi. Gli storici usano fonti scritte e fonti materiali.”
Il mondo nello zaino 4, a cura di Carla Marenzi, Alfreda Nevicati, Patrizio Vignola, Lilia De Luca, Francesca Gambino, Emanuela Busà Firenze, Giunti Scuola, 2014, spende ben 6 pagine (negli altri casi citati si parla sempre di 2, massimo 3 pagine) per introdurre i concetti di tempo, di analisi e di ricostruzione del passato. La Storia è definita “scienza che studia il passato e gli storici sono gli studiosi del passato, capaci di ricostruire la vita degli uomini.” (…) “Noi conosciamo il passato solo studiando le tracce (…) che gli uomini hanno lasciato. Queste tracce si chiamano documenti o fonti.”
Ampio spazio è poi riservato al lavoro (tecnico) dell’archeologo e alla pratica dello scavo archeologico: “lo studioso che si occupa di cercare nel sottosuolo i resti delle antiche civiltà è l’archeologo. Egli scava nel terreno e recupera i reperti utili a studiare il passato.” (…) “Si scava a strati perché il terreno è come una torta a livelli: gli strati più recenti sono sopra, gli strati più antichi sono sotto. (…) Dopo aver portato alla luce uno strato, l’archeologo raccoglie ogni reperto che può essere spostato e analizza sul posto quelli che non possono essere spostati. Ogni reperto deve essere datato.”
Anche in questo caso, nonostante lo spazio dedicato e le numerose immagini a supporto, l’archeologo viene presentato come un aiutante dello storico, “una specie di esploratore che cerca nel sottosuolo le tracce delle antiche civiltà.”
Il mondo nello zaino 4, a cura di Carla Marenzi, Alfreda Nevicati, Patrizio Vignola, Lilia De Luca, Francesca Gambino, Emanuela Busà Firenze, Giunti Scuola, 2014, p. 3.
Osservando le descrizioni dell’archeologo, del suo mestiere e del suo compito nell’ambito della ricostruzione del passato presenti in questi volumi, mi rendo conto che le informazioni date sono parziali e talvolta fuorvianti. Ovviamente data la mole dei programmi scolastici è naturale che non vi siano pagine estremamente tecniche ed esaustive; non dimentichiamoci, poi, che sono pur sempre testi scritti per bambini di otto anni. Tuttavia, quello che mi sembra emergere è soprattutto l’idea, a quanto pare molto radicata, che gli archeologi siano sì dei professionisti che lavorano per trovare e recuperare tracce materiali, ma che siano soprattutto tecnici che, con procedure collaudate, recuperano informazioni per gli storici. Sono (anzi siamo) gli avventurosi e un po’ sporchi aiutanti degli storici, di coloro, cioè, che effettivamente ricostruiscono la vita degli uomini del passato.
A questo punto viene spontaneo porsi alcune domande: da dove deriva questa sicurezza nel rilasciare un’informazione, quanto meno, incompleta? Perché proprio i testi che si dimostrano così attenti nel segnalare l’esistenza di tanti professionisti non si dimostrano altrettanto puntuali nella descrizione di queste figure? Perché semplificazione e chiarezza sono così sinonimi di parzialità e banalizzazione dei concetti?
Francamente non penso che gli autori dei libri di testo scolastici abbiano intrapreso una dichiarata crociata contro la categoria degli archeologi, ma che il tutto derivi da una sana e consolidata confusione. Confusione che probabilmente abbiamo contribuito ad alimentare anche noi archeologi. Forse ci siamo interessati troppo poco o in maniera un po’ superficiale alla comunicazione e alla corretta divulgazione del nostro mestiere e delle nostre attività, quel tanto che basta perché sia comunemente accettato, ancora adesso, il nostro ruolo di scavatori di tesori piuttosto che di studiosi. E forse una maggiore attenzione e interesse verso forme di collaborazione e di scrittura compartecipata con gli stessi autori potrebbe favorire la diffusione di nozioni e informazioni più chiare e precise.
Poster, in giro tra i saperi, direzione scientifica Bruno D’Amore, Ivo Mattozzi, Martha Fandiño, Firenze, Giunti Scuola, 2012, p. 6.
Per la cronaca: lo storico, lo storico dell’arte, l’archeologo, il paletnologo sono tutti studiosi che collaborano e cooperano per ricostruire il nostro passato, ognuno con il proprio approccio e il proprio sistema di fonti, ma questa è un’altra storia…
Nina Marotta