Davide Morosinotto, La sfolgorante luce di due stelle rosse, Mondadori
Non aspettatevi, leggendo La sfolgorante luce di due stelle rosse. Il caso dei quaderni di Viktor e Nadya, romanzo di Davide Morosinotto edito da Mondadori, di trovarvi davanti un romanzo come tanti.
All’inizio, anzi, potreste aver bisogno di qualche attimo in più per orientarvi: la narrazione comincia da un foglio strappato, scritto con inchiostro rosso e con un tono abbastanza solenne: “Il giorno del mio tredicesimo compleanno diventai un eroe”. Il racconto viene però fermato sul nascere da una seconda voce, ben riconoscibile dall’uso di un altro inchiostro, color verdone, che richiama all’ordine il giovane eroe – che scopriamo chiamarsi Viktor – invitandolo al silenzio: “Lascia parlare i quaderni”. Lei è Nadya.
Che cosa sono i quaderni?
Lo scopriamo dopo poco, cominciando a leggerne il primo, ma, prima di questo, due documenti su carta intestata CCCP – Commissariato del Popolo per gli Affari Interni, datati dicembre 1946, inseriscono da subito la storia di Viktor e Nadya in una storia molto più grande. Il colonnello Smirnov, infatti, ha l’incarico di leggere i quaderni dei due ragazzi per decidere se giudicarli, alla fine, colpevoli o innocenti. Tracce della lettura di Smirnov sono presenti all’interno dei quaderni, con sottolineature e note, alla fine di ogni quaderno segue un documento (“rapporto a uso interno”) con le considerazioni del colonnello riguardo a quando appena appreso.
Addentrandoci nel primo quaderno, la situazione comincia a essere più chiara: siamo nel giugno del 1941, Viktor e Nadya hanno 12 anni e sono gemelli, vivono con la famiglia a Leningrado (l’odierna San Pietroburgo), i loro genitori lavorano presso il Museo dell’Ermitage, che occupa una serie di palazzi sulle rive della Neva, tra cui il grande Palazzo d’Inverno, un tempo dimora dello zar. Proprio al museo sono arrivati per errore dei quaderni e il padre decide di darne uno ai figli (in seguito consegnerà loro anche altri quaderni vuoti da riempire) perché lo usino, insieme, come diario.
La guerra e i treni dei bambini
Anche se ancora non ne sanno nulla, la vita dei due ragazzi sta per cambiare in maniera improvvisa e tragica e tutto a partire da un annuncio alla radio che avverte i cittadini dell’Unione Sovietica che le truppe tedesche hanno iniziato a invadere il loro territorio, violando il trattato di non aggressione firmato precedentemente.
La radio dice che i russi stanno vincendo la guerra, ma a Nadya, guardando che cosa succede in città, sembra il contrario: cominciano a formarsi lunghe file davanti ai negozi e le persone sin dalle prime ore del mattino si presentano alle serrande delle botteghe ancora chiuse: tutti vogliono essere pronti per l’arrivo del nemico. I genitori dei gemelli, poi, sono sempre più assenti perché sono impegnati a evacuare l’Ermitage per mettere in salvo le opere d’arte contenute al suo interno.
Gli eventi precipitano in poco tempo e così, insieme a tantissimi altri bambini e ad alcune donne, Viktor e Nadya devono, loro malgrado, preparare i bagagli perché saranno portati via dalla città, al sicuro, grazie ad alcuni treni speciali.
Per un errore, Viktor e Nadya salgono su due treni diversi, la destinazione è la stessa per entrambi, ma il treno di Nadya non arriverà mai a Kazan, nella Repubblica del Tatarstan, nel kolkhoz (ovvero l’azienda agraria collettiva) dove si ritrova a lavorare e vivere Viktor.
A Viktor giungono presto notizie terribili, secondo le quali il treno sui cui viaggiava la sorella sarebbe stato vittima di un attacco aereo. Superstiti: nessuno. Lui, però, non ci crede, sa e sente che Nadya è ancora viva e si mette in viaggio per ritrovarla (e non sarà da solo).
Attraverso l’intrecciarsi dei due quaderni seguiamo avventure e disavventure dei due ragazzi, che mai prima d’ora avevano vissuto lontani, e dei loro nuovi amici. Le vicende personali e quotidiane si intrecciano con le vicende della Storia che li comprende, in particolare con l’assedio di Leningrado che, con i suoi quasi novecento giorni, mise in ginocchio la città.
Come scrive l’autore Davide Morosinotto in una Nota alla fine del volume, La sfolgorante luce di due stelle rosse è un romanzo quasi-storico perché al suo interno sono presenti personaggi realmente esistiti e personaggi inventati, alcune vicende, per quanto possano sembrare fantastiche, sono realmente accadute, altre sono finzioni che, però, sarebbero potute accadere. La cornice, quella della Storia con la S maiuscolo, è reale ed è molto più che una cornice. Ma all’interno di questa Nadya e Viktor, pur trovandosi costretti a far parte di un quadro molto più grande di loro, restano due ragazzi con le loro paure, con il loro coraggio e la nostalgia di casa.
In due per essere interi
Il fatto che i due protagonisti siano gemelli permette di creare un legame tra luoghi e vicende lontani come all’interno di una trama sottile quasi magica. Da gemella, non posso che riportare la verità di due brevi affermazioni che, nel bene e nel male, dicono molto riguardo a che cosa voglia dire nascere insieme a qualcuno (più di quel “sentire” l’altro a distanza, di cui Viktor è convinto).
“Mi chiedo come facciano le persone che non hanno un gemello”.
E poi:
“Primo ero a metà. Sono di nuovo intera”.
Il fatto di vivere, per la prima volta, separati e di essere messi ripetutamente alla prova, permette loro una grande crescita individuale che, nel ritrovarsi, li troverà arricchiti e con qualcosa di nuovo da scoprire l’uno dell’altra.
All’interno della pagine dei quaderni, oltre alle note del colonnello Smirnov, troviamo stralci di articoli, foto, disegni, manifesti, tutti materiali che arricchiscono la narrazione. Tutto questo contribuisce a un romanzo denso, ben costruito, curatissimo dal punto di vista grafico, senza alcun passaggio scontato. Viene davvero voglia di scoprire che cosa accadrà nella pagina successiva e, come tutti i bei libri, arrivati alla fine dispiace dover lasciare andare Viktor e Nadya per la loro strada, che continuerà a essere, avendoli conosciuti, sfolgorante.