I nostri figli, in grande maggioranza, non leggono volentieri. Non è, insomma, la prima cosa che viene loro in mente quando pensano a come passare un'ora libera. Più interessanti, a quanto pare, internet, i videogiochi. E soprattutto i socialnetwork (a cominciare già dalla prima o seconda media).
Son cose note. Ma adesso si fa strada tra gli esperti l'idea che i ragazzi, proprio con le loro passioni diverse dalle nostre, non stiano semplicemente fuggendo dalla “cultura”, vista come un'occupazione pesante e poco divertente. No: probabilmente stanno costruendo una nuova cultura. E si tratta di una cultura davvero nuova, in cui:
– la superficie conta più della profondità… ma le superfici non sono maschere immobili che impediscono il contatto con la realtà “vera”. Le superfici cambiano continuamente, evolvono, si arricchiscono di nuovi aspetti e si dissolvono (ma mai completamente). E i ragazzi sono rapidi nel seguire questa evoluzione: esperti di sorvolo, e quindi, a poco a poco, padroni di una vasta carta geografica. Più vasta di quanto noi adulti possiamo mai aver posseduto in passato;
– le emozioni contano più delle informazioni. Conta dunque più “sentire” la realtà che inscatolarla in parole, schemi, categorie. E questo è un punto decisivo e forse davvero innovativo: quante nozioni, quante “esperienze” intellettuali ci hanno toccato, in questi anni (parlo sempre a noi adulti) e non ci hanno cambiato? Forse i ragazzi ci stanno insegnando che un sapere che non ti scuote semplicemente non è un vero sapere: magari abbiamo a che fare con una verità, ma se non sei tu a diventare “vero” grazie ad essa, conta ben poco;
– i confini vengono meno e interessano le persone, tutte, solo in quanto persone. Dunque una cultura davvero universale, finalmente;
– infine: una cultura in cui tu sei sempre protagonista. E lo sei in quanto membro di una comunità viva, anche questa in costante evoluzione.
Sarà così? Mio figlio adolescente che si “cretinizza” a colpi di facebook sta con-creando una nuova cultura? Anzi: “la” cultura del futuro?
Lo spero, a questo punto. E insieme spero, e credo, che un giorno, magari tra qualche anno, se sapremo aspettare, mio figlio e qualcuno dei suoi compagni verrà da me, verrà da noi a chiedermi notizie sulla mia, di cultura: quella dei libri, certamente, ma anche quella della manualità, della terra, del ferro e del sudore.
Nella nuova cultura – già un po' mi ci vedo- sarò un vecchio saggio. Perciò ho cominciato a farmi crescere la barba.