Quanto ancora non conosciamo di quello che fu la seconda guerra mondiale?
Sappiamo del fascismo, dei partigiani, degli americani, di cosa accadde nei luoghi importanti, nelle grandi città dove stavano le persone che hanno fatto la storia. E altrove cosa successe?
Nel libro La guerra di Toni, edito da Rizzoli, Fabrizio Lo Bianco ci porta in Sardegna, nella Cagliari degli anni cinquanta.
In una redazione troviamo il direttore alle prese con Rolando Piras, giornalista mediocre ma ambizioso, in cerca dell’articolo che potrebbe portarlo nel continente. Pur di riuscire nel suo intento, Piras è disposto a tutto, a rinvangare gli anni dolorosi della guerra e a riaprire ferite non ancora cicatrizzate. Trova la sua occasione quando gli viene segnalato un giovane, un caso umano, un certo Toni che vive ancora nelle grotte, parla poco ed è solo al mondo.
E dopo conosciamo Toni, 13 anni.
È in treno con Alberto e Giovanni, scappato di nascosto da casa per una breve fuga al cinematografo in città. Voleva andare a vedere il film di Gianni e Pinotto.
Cosa succede a Toni? Perché ora vive nelle grotte assieme a tanti altri superstiti della guerra?
Quello che succede è storia.
La città di Cagliari nel febbraio del 1943 viene bombardata dagli americani: la città fu quasi totalmente distrutta e ancora oggi ne porta i segni.
Una tattica per far credere ai tedeschi che sarebbero sbarcati in Sardegna e non in Sicilia?
Il libro si alterna tra passato e presente. C’è Piras che trova il giovane e cerca di utilizzarlo per le sue manie di grandezza, e c’è Toni che ci racconta con la sua voce di bambino cosa accadde e cosa vide nel febbraio del 1943, quando si trovò nel mezzo dei bombardamenti.
La storia di Toni è un minuzioso resoconto di cosa è stata la guerra. Una guerra che è incomprensibile per un ragazzino che non sa niente di politica e tattiche militari, ma che vede il mondo andare sottosopra: poltrone che volano, luoghi sacri distrutti, un’umanità che mostra il peggio di sé.
La storia di Toni però è anche un viaggio verso la speranza: da una parte il ragazzino che cerca di tornare dai genitori e chiedere scusa per esser scappato senza dir nulla, dall’altra il giornalista che inconsapevolmente diventa lo strumento per la felicità di qualcun altro.
Un libro che con le parole semplici di un ragazzo ancora bambino ci fa riflettere su cosa sia davvero la guerra.
Glielo avrebbero dovuto dire che la guerra era quella cosa lì. E quando sarebbe tornato scuola, lui l’avrebbe detto alla zia, maestra Costanza, che la faccenda era diversa e che Balilla Moschettiere lui non voleva più esserlo. E che la guerra era una porcata, un mondo rovesciato, un vortice di carne, polvere, asini senza gambe, poltrone in bilico in cielo anziché nei salotti. E poi amici che imparano a sgozzare altri uomini.
Non poteva essere quella cosa lì, la guerra che da anni i grandi invocavano.
Non doveva.
Nonostante tutto Toni si aggrappa alla vita e a quello che ancora di bello esiste perché anche in mezzo alle macerie può nascere qualcosa, come un sentimento “piccolo” cui aggrapparsi. E lì in mezzo, tra un bombardamento e l’altro, succedono si tante cose orribili, però Toni scopre che la gentilezza, i sentimenti “cristiani” albergano ancora in altre persone, proprio come in lui.
La guerra di Toni è un bel libro che diventerà sicuramente un classico da consigliare ai ragazzi in vista del 25 aprile, perché la guerra non è gloria e onore: la guerra è essere lontani e cercare di rassicurare i propri genitori che stai bene, che stai tornando, che chiedi scusa…e non riuscirci.