Jerry Spinelli, La figlia del guardiano, Mondadori
Si parte nel 2017, ma è solo un attimo, giusto il tempo di leggere due pagine. Ci ritroviamo, poi, subito nel 1959.
C’è qualcuno che ci sta raccontando una storia, la sua storia. Tutto parte da un palazzo.
Oggi è una voliera.
Ma un tempo era una prigione. La prigione della contea di Hancock.
Un tempo era una prigione…
In quella prigione risuonavano il rumore di manganelli e i passi dei detenuti nei due cortili nell’ora d’aria. Il cortile delle donne era diviso da quello degli uomini, ora è tutto un unico giardino.
C’è ancora la Stanza della Quiete, progettata per tenere calmi i detenuti, ora viva di presenze ma ai tempi della prigione quasi sempre vuota.
Le mure sono le stesse, l’aspetto è sempre quello di una fortezza medievale, c’è anche una torre con feritoie, un tempo usate dagli arcieri.
Lo sguardo che ci porta dentro e fuori la prigione è quello di qualcuno che la conosce bene, non una detenuta, ma una donna ora e una bambina allora, che in quella prigione viveva con la sua famiglia.
Cammie, questo il nome della protagonista e voce narrante, era infatti la figlia del direttore della prigione di Two Mills in Pennsylvania e ora racconta la sua storia alla nipote, e a noi.
Abitare in una prigione vuol dire che ci sono regole da rispettare: Cammie può affacciarsi solo sul cortile delle detenute donne, prima da dietro una rete di metallo, poi il padre – dopo le sue insistenze – le lascia la chiave che le permette l’ingresso nel cortile dove fa compagnia alle detenute (che le fanno una grande festa) durante l’ora d’aria; non può entrare nell’area del carcere riservata agli uomini; non può andare sul camminamento intorno alle mura, dove rischia di essere scambiata – da chi è fuori – per un prigioniero in fuga.
Per il resto Cammie è abbastanza libera. Il padre è impegnato tutto il giorno, quindi non lo vediamo molto tra le pagine del libro e nella vita della figlia. Si incontrano la sera, lui sembra darle sempre molta fiducia, anche quando non ne capisce i comportamenti. Vediamo Cammie uscire liberamente, andare in giro per la città sulla sua bici, senza chiedere il permesso a nessuno, sa solo che deve rientrare prima che faccia buio, ma non sempre rispetterà questa regola.
Una prigione invisibile
C’è una prigione, però, da cui Cammie non può uscire altrettanto liberamente e da cui nessuno può tirarla fuori se non lei stessa.
Cammie infatti ha perso la madre da piccolissima, anzi, ha perso la madre un attimo dopo che questa riuscì a metterla in salvo, spingendo la sua carrozzina e restando allo stesso tempo investita da un furgoncino per il trasporto del latte.
Questo incidente aveva reso l’incosciente e piccolissima Cammie famosissima a Two Mills e, dopo che il padre era divenuto direttore della prigione, la ragazza era diventata ancora più famosa.
Per dodici anni a Cammie la vita sembrava essere andata bene così com’era, il padre le bastava, ma ora è stanca di essere orfana di madre. Ne vuole una e ha già deciso chi sarà. La prescelta è Eloda Pupko, una delle detenute della prigione, che per buona condotta ha il privilegio di passare gran parte del tempo nella casa di Cammie e del padre come domestica.
Eloda svolge le sue mansioni quotidiane, non lascia trasparire i suoi sentimenti, né si lascia andare a gesti d’affetto.
Cammie cerca un contatto, cerca una reazione con provocazioni o con l’indifferenza, è combattuta tra i tanti sentimenti che la affollano.
Cammie, pur nella sua vita particolare, resta una ragazza come tante, con la scuola (anche se gran parte della narrazione si svolge durante le vacanze estive), la diffidenza nei confronti di un ragazzo che la cerca ed è gentile con lei, le amicizie, e in particolare quella con l’esuberante e molto comprensiva Reggie.
Una storia travolgente
Jerry Spinelli, uno degli autori per ragazzi più noti e amati, vincitore della prestigiosa Newbery Medal, è un vero e proprio maestro nella scrittura, ci immerge nella vita di Cammie, con lui conosciamo le sue giornate, le detenute, soffermandoci in particolare (oltre a Eloda) su quella più legata alla figlia del guardiano, Boo Boo, poi ci sono le amicizie, il tempo fuori dalla prigione, gli incontri…
C’è qualcosa che sta per esplodere in Cammie, una rabbia cieca, narrata in un crescendo che lega il lettore al personaggio con una stretta che ne fa sentire davvero la confusione, il dolore, la collera che sembra non poter trovare sfogo.
Il libro riesce a sorprendere in una trama mai scontata, dall’ambientazione allo svolgimento.
È complessa la vita, sono complessi i sentimenti, le cose non finiscono o bene o male, le cose vanno come devono andare quando devono andare e a volte l’accettazione è la conquista più grande e più difficile. Questo poi non toglie che le persone intorno a noi possano sorprenderci nei modi più belli, commoventi e inaspettati, anche quando non abbiamo ciò che speravamo.
Una volta chiuso il libro, la figura di Cammie resta nel cuore insieme alla conferma di un autore che continua (fortunatamente) a farsi amare.