Cari Kids, oggi ho il piacere di presentarvi Tobia Rossi, classe 1986, regista e drammaturgo, nonché operatore di teatro sociale e teatro scuola. Nato a Ovada, in provincia di Alessandria, si è formato alla Paolo Grassi di Milano e poi presso il CRT. I suoi spettacoli Psicosi delle 4.48 e Lo specchio dell'amore sono andati in scena al Teatro Arsenale e al Libero di Milano nel 2008, mentre con Paniclandia è risultato vincitore del Bando Cariplo/Experience. Finalista lo scorso anno al Premio Hystrio Scritture per la Scena Under 35 col dramma Portami in un posto carino, ha vinto il premio Subway Letteratura 2012 col racconto Niente paura, hai solo chiuso gli occhi.
Tobia, il tuo lavoro si dipana in due tipologie di pratica in qualche modo complementari: da una parte la produzione artistica e dall’altra i laboratori nelle scuole. Cominciamo col parlare dei tuoi spettacoli. Nel 2008, assieme all’attrice ed educatrice Elena Forlino, hai fondato la compagnia di teatro per ragazzi La Città Invisibile.
Sì, siamo partiti con una riscrittura della Sirenetta di Andersen, per poi andare alla ricerca di storie nuove, originali, pop, che utilizzassero linguaggi vicini alla nuova generazione. È nato così Hai paura del buio?, horror teatrale che prende spunto dai fratelli Grimm per arrivare a raccontare la provincia del nord Italia. I nostri lavori hanno sempre una connotazione identitaria volutamente forte, legata ai luoghi della nostra infanzia.
Parallelamente alle produzioni della Città Invisibile, stai lavorando con la compagnia 39 Stelle Teatro.
Sì, è una piccola realtà indipendente di Alessandria, guidata da Monica Massone. Sto lavorando con loro in qualità di autore e regista per lo spettacolo Cuore di piombo, tratto dal Soldatino di piombo di Andersen.
La realtà del teatro per ragazzi in Italia sembra essere piuttosto viva.
Lo è, contrariamente a quello per adulti, anche se purtroppo c’è chi finisce con l’approfittarsene e vi si dedica solo a fin di lucro, creando un grave danno alla comunità teatrale, da cui risulta un abbassamento del livello complessivo.
Cosa manca in questi spettacoli?
Manca la cura per la scrittura. Il lavoro attoriale è spesso sciatto, non c’è una ricerca estetica. Accanto a questi cattivi esempi però troviamo delle compagnie che svolgono un lavoro incredibile e appassionato, come la Babilonia Teatri ad esempio, o Teatrodistinto. Vi consiglio inoltre lo spettacolo che ha vinto lo scorso anno il Premio Scenario Infanzia, John Tammet fa sentire le persone molto così di Daniele Muratori.
Passiamo alla tua attività teatrale nelle scuole.
Conduco dei laboratori nelle medie in cui, attraverso il gioco teatrale, i ragazzi hanno la possibilità di liberare il proprio immaginario, approfondire gli aspetti socio-affettivi, sviluppare la loro capacità di ascolto. In questo modo imparano a conoscere il proprio corpo nei suoi limiti e potenzialità espressive, trasformandolo in un veicolo poetico. Fanno gioco di squadra lavorando sul concetto di bellezza.
Come si svolgono questi laboratori nella pratica?
Ogni incontro prevede un riscaldamento fisico, lavoro nello spazio e una fase più propriamente creativa: ci si divide in gruppi che lavorano autonomamente per poi presentare il loro risultato a tutti gli altri in uno scambio costruttivo che va nella direzione della crescita personale e collettiva e dello sviluppo del giudizio e dell’accettazione dell’altro.
Conduci anche un laboratorio per adolescenti in una scuola professionale. Com’è quest’esperienza?
È altamente formativa, dal momento che aiuta i ragazzi a prendere coscienza di se stessi. A volte il teatro rende possibile un incontro che altrimenti non lo sarebbe, restando sempre in bilico sul crinale fra regola e libertà. La difficoltà sta nel capire quanta libertà si può lasciar loro.
Non dev’essere facile.
No, affatto, ma dà grandi soddisfazioni e non soltanto sul piano sociale, ma principalmente artistico. Non sottovaluto mai il mio interesse artistico personale nel lavorare coi ragazzi, meritano che a me per primo interessi il risultato della loro espressione.
Puoi farci un esempio?
Ora sto lavorando con quaranta ragazzi di una media sull’Ubu Re di Jarry. Non sono partito dal testo, ma li ho lasciati improvvisare sul tema del potere, centrale nell’opera. Sono venute fuori scene pulp, violente, davvero contemporanee. I ragazzini non hanno la più pallida idea di cosa sia l’Ubu eppure lo conoscono molto meglio di noi.
Prima di lasciarci, progetti per il futuro?
Con la mia compagnia al momento sto lavorando a Peli, uno spettacolo grottesco che ha debuttato al Festival Città del Teatro di Cascina (PI) in occasione della Tappa Semifinale del Premio Scenario Infanzia 2012, ancora in fase di studio. Inoltre ho in cantiere un progetto sull’omosessualità e la diversità spiegata ai ragazzi. Il teatro resta la sola pratica capace oggi di metterti davanti il corpo umano per quello che è. Non scorderò mai un ragazzino che, alla fine di un laboratorio, è venuto a ringraziarmi dicendomi: “Ho imparato a guardare negli occhi la gente”.
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