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Klaus e i ragazzacci di David Almond

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C’è un età in cui tutto cambia forma. Il giorno prima sei un tenero bambino, il cocco di mamma e papà, il giorno dopo sei diventato un ragazzaccio che suona i citofoni e scappa, che salta sulle siepi dei vicini, che disturba la quiete pubblica.

Klaus e i ragazzacci, Sinnos, parla di quest’età, un po’ strana a dire il vero: di quando hai 12 anni e sei affascinato dalla tua improvvisa libertà di scelta, quando si affaccia quel brivido del non obbedire, quando ti rendi conto che se vuoi puoi contraddire le regole.

E poi c’era Joe Gillespie.
Joe era di un anno più grande di noi e stava sempre un po’ in disparte. Ma lui era il nostro capo, lo sapevamo tutti, ed era proprio forte.

Klaus-e-i-ragazzacciIn ogni scuola, anzi in ogni gruppo, c’è sempre un “ragazzo cattivo”. Quello un po’ fuori controllo, che fa quello che vuole senza curarsi delle conseguenze. In questa storia il ragazzaccio è Joe. È lui che affascina David e i suoi amici, che inventa sempre nuove sfide: è lui che tutti vorrebbero essere. David e i suoi amici passano un anno con Joe, seguendolo nelle sue “imprese”.

L’autunno successivo sono tutti un po’ stufi, ma manca il coraggio di liquidarlo, di dire «basta». E poi un giorno Joe propone a tutti una nuova avventura: incendiare il cespuglio del signor Eustace, che ai tempi della seconda guerra mondiale fu un obiettore di coscienza e per questo non andò in guerra. A nessuno piace l’idea, David ci prova a dire che è acqua passata (siamo negli anni ’60, Inghilterra) ma Joe non vuole ascoltare: sono forse tutti dei conigli come il signor Eustace?

Nel frattempo a scuola arriva un nuovo ragazzino, Klaus: tedesco, madre dispersa, padre prigioniero da qualche parte in Russia. Qualcuno dice che sia giunto fin lì nascosto nel bagagliaio di una macchina. Ma questo ai ragazzi importa poco: quello che vedono è un nuovo amico, bravissimo col pallone.
Klaus è un ragazzo gentile, sicuro di sé, sveglio. Dopo aver incontrato Joe, domanda a David: «perché facciamo quello che dice?». E David non sa rispondere. Tutti loro sono ormai stufi della storia dei “ragazzacci” ma perché nessuno riesce a tirarsi indietro? Perché nessuno riesce a dire “no”?

Sarà proprio Klaus, con la sua storia triste alle spalle e il suo sguardo limpido, a ribellarsi per primo. Lui che ha vissuto nella Germania dell’Est sa quanto sia preziosa e cara la libertà. Essere liberi di non vergognarsi per quello che si è, di dire no quando necessario: a costo di finire in prigionia, a costo di finire con un occhio nero.

In pochissime pagine, sono 61, Klaus e i ragazzacci racconta del difficile periodo che sta tra l’infanzia e l’adolescenza: la voglia di esplorare, di provare nuovi brividi. E la paura di essere scoperti, di leggere nei volti altrui la delusione. Proprio quella che David vede negli occhi di Klaus, accorgendosi di tenere molto di più a lui che a Joe. E così il nostro giovane protagonista trova la forza di reagire a quello che, in fondo, è solo un bulletto.

«Mio padre mi diceva che un giorno avrei camminato come un uomo libero. Avrei camminato e cantato e mostrato al mondo che ero libero. E così faccio adesso. Guarda!».

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