Elisa Castiglioni, In punta di piedi sull’orizzonte, Il Castoro
Quando le cose finiscono spalancano lo spazio per un nuovo inizio.
Così si legge nella quarta di copertina di In punta di piedi sull’orizzonte, il nuovo romanzo di Elisa Castiglioni pubblicato da Il Castoro. È vero, è così. Ma è un qualcosa che va ricordato – se si ha la fortuna di avere vicino qualcuno che ce lo ricordi – perché quando si vive una fine è difficile riuscire a guardare oltre. Quel momento sembra molto più simile alla fine del mondo che a un nuovo inizio, ed è comprensibile, perché – anche se non finisce il mondo – si sperimenta la fine di un mondo.
Una fine è certamente quella rappresentata dalla perdita di una persona cara, ma una fine è anche la rottura di una relazione. La separazione dei propri genitori, per quanto sia un’esperienza spesso vissuta in prima persona dai giovani lettori, non è un argomento molto presente nella letteratura per bambini e ragazzi, questo è uno dei motivi che mi hanno fatto apprezzare da subito questa storia che riesce a parlarne in maniera diretta, con una forte aderenza alla realtà.
La fine della Grande Avventura
Azul, la protagonista del libro, ha 13 anni e si è trasferita da un anno a Portorico con i genitori. I tre si sono spostati da New York a causa del lavoro del padre e inizialmente il trasferimento sarebbe dovuto durare solo alcuni mesi, per questo motivo– e per stare in un luogo con più americani – sono andati a vivere nell’anonima villetta di un villaggio vacanze e non nella città vecchia di San Juan dove vive Sior, la sorella della madre di Azul, che è originaria proprio di Portorico.
Quella che era cominciata come una Grande Avventura diventa presto l’inizio della fine: il padre è sempre meno presente a causa del lavoro, l’aria in casa si fa pesante e il silenzio sostituisce i dialoghi e le risate.
Azul percepisce tutto, come un malessere a cui non riesce a dare un nome. Quando esprime i suoi sentimenti su un foglio da disegno, rappresenta un uragano che spacca a metà la loro casa, eppure nessuno le dice nulla, come se fosse una bambina da proteggere. Arriverà però il momento in cui i genitori non potranno più nasconderle la verità: si stanno separando e il padre va via di casa.
Comincia così un periodo difficile, per tutti. Chi dovrebbe sostenere Azul, ovvero la madre e il padre, sta vivendo a sua volta il dolore della separazione e deve fare i conti con questa nuova realtà. La figura di sostegno, sia per Azul che per la madre, è zia Sior. È lei a ricordare ad Azul che i genitori si stanno separando come marito e moglie, ma non stanno lasciando lei. Per lei ci saranno sempre:
Come cielo e oceano che da punti distanti e paralleli abbracciano l’orizzonte. […] Tu sei il loro orizzonte, anche adesso che sei troppo arrabbiata o delusa per sentirlo.
Azul ascolta, ma non si rassegna: è convinta che i suoi genitori torneranno insieme, che il loro amore è sempre lì e che lei deve solo ricordarglielo. Grazie agli amici Adele e Manuel, metterà in atto un piano di riconciliazione che finirà solo per metterla nei guai…
Come punizione Azul dovrà lavorare per una settimana (durante la sospensione da scuola) presso la bottega di Akeru, un’anziana giapponese che inizialmente le sembra solo una vecchia matta.
Grazie ad Akeru, Azul conoscerà una tragica pagina della storia contemporanea: l’internamento in campi di lavoro forzato per un gran numero di giapponesi negli Stati Uniti, considerati possibili nemici e spie in seguito al bombardamento di Pearl Harbor. Della sua famiglia solo Akeru, allora bambina, era riuscita a salvarsi e tutti i beni della famiglia erano stati sequestrati.
Oltre a gestire la sua bottega, ora Akeru sta portando avanti un progetto per “riportare a casa” ciò che era andato perduto, dimostrando ad Azul che non sempre ciò che si rompe è perso per sempre.
Un nuovo inizio
Passato l’uragano emotivo, Azul scoprirà che la sua casa non è stata spaccata in due. Ora – è vero – non c’è più una casa: le case sono due, ma sono due case in cui è possibile stare bene.
La costruzione di un nuovo equilibrio richiederà una buona dose di fatica, ma a volte la fatica è necessaria alla sopravvivenza. Come per le tartarughe quando, appena nate, devono raggiungere l’oceano: il piccolo tratto di spiaggia che devono attraversare per raggiungere l’acqua, guidate dalla luce della Luna, è pieno di insidie ma un aiuto esterno farebbe perdere loro il senso di orientamento.
Quel viaggio faticoso verso casa devono farlo contando solo sulle loro forze. […] Senza aver affrontato da sole quella fatica, morirebbero alla prima difficoltà, perché non sarebbero in grado di fronteggiare i pericoli dell’oceano.
Anche la tartaruga più lenta dovrà affrontare da sola la piccola-grande traversata della spiaggia, prima di cominciare una nuova straordinaria vita nell’oceano.