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Il volo di Osvaldo (Edizioni Clichy)

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osvaldo

Thomas Baas, Il volo di Osvaldo, Edizioni Clichy

Anche se il suo autore, Thomas Bass, è di Strasburgo, ne Il volo di Osvaldo di Edizioni Clichy si respira subito l’atmosfera magica che solo Parigi è capace di trasmettere. Una sorta di favoloso mondo di di Amélie, anzi, si ha proprio l’impressione che Amélie possa sbucare da un momento all’altro in un angolino della pagina, magari come nuova amica del nostro protagonista.

Lui infatti vive da solo nel sottotetto di un bellissimo palazzo. Come sola compagnia ha l’uccellino Pio-Pio, i cui cinguettii scandiscono la sua giornata. La sua favola inizia però proprio la mattina in cui l’uccellino smette di cantare: non è per la gabbia troppo piccola e nessun altro accorgimento adottato da Osvaldo per farlo stare meglio aiuta Pio-Pio a cantare di nuovo. Niente di niente.

Osvaldo è disperato e, come sempre quando lo si è davvero, gli arriva un aiuto. Questo aiuto farà partire entrambi i protagonisti per un viaggio che, di norma, due perfetti cittadini come loro non si sognerebbero mai di intraprendere: la giungla. La giungla si è materializzata intorno a loro grazie a una piantina della felicità che Osvaldo regala a Pio-Pio. 

Una storia speciale

Da qui in poi non ve lo racconto più però, sennò vi rovino le sorprese. La storia di Osvaldo è speciale sotto tanti aspetti.

Le illustrazioni in due colori sono qualcosa di pieno e tangibile, così come il formato che riempie le mani e pretende un’attenzione piena. L’inatteso che non ti aspettavi all’interno, due pagine che si estendono e, un po’ come fosse Jumanji, ti inglobano proprio quando ti trovi nel clou della lettura, i dettagli che hanno un senso fin dalla prima pagina (e fate ben attenzione a scovare l’indizio più importante, perché sarà cruciale alla storia, anche se solo alla fine. Vi do un indizio: potrebbe avere i capelli rossi). 

E poi è speciale il significato di questa storia: il capire come non si può essere felici da soli, ma anche come si debba imparare a rimanerlo per raggiungere davvero la felicità. E soprattutto come, una volta raggiunta, non si debba negoziare sul tenersela, ma è invece buona norma donarne un pezzettino: tanto la felicità è come una piantina, se la si tratta con cura e le si dà importanza, si rigenera e prospera.

Bello anche per i più piccoli, data la lunghezza della storia, trovo perfetta l’indicazione dell’editore, che lo consiglia per i bambini dai 5 anni in su.

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