Il signor Zanzibar si assicura che la porta della cantina sia chiusa a doppia mandata e che le tapparelle siano bene abbassate. Si reca nello sgabuzzino per bloccare i rubinetti centrali dell'acqua calda e fredda. Gualtiero, il gatto, lo aspetta vicino alla porta – non può scappare neanche volendo, dato che il signor Zanzibar lo ha chiuso nel suo trasportino. Gualtiero non ama essere prigioniero, neanche per pochi minuti, ma vuole bene al signor Zanzibar e si fida di lui. Adalberto, invece, da buon pesce rosso, guizza piano a destra e a sinistra chiuso nella sua boccia di vetro: i pesci rossi sono pensosi e riflessivi, e se non parlano non è perché non abbiano niente da dire – come molti erroneamente credono – ma perché preferiscono tenersi per loro opinioni e giudizi.
Lo ha visto, Adalberto. Ha visto il signor Zanzibar rimpicciolirsi e accartocciarsi sempre di più giorno dopo giorno come un foglio di brutta del tema, il suo sorriso spegnersi, i suoi sospiri diventare sempre più profondi. Non può giurarlo, ma è quasi convinto di averlo anche sentito piangere, una volta, di notte quando pensava che nessuno lo sentisse, davanti a un bicchiere di orzata. Non è un mistero, d'altronde: il signor Zanzibar è triste, ed è chiaro a tutti, tranne che a lui. Le sue giornate scivolano via sempre uguali come i cerchi di un sasso lanciato in uno stagno, i colori intorno a lui sbiadiscono mentre il grigio della grande città lo inghiotte ogni mattina e insieme a lui molti, molti altri. Il signor Zanzibar trascorre le sue giornate a timbrare documenti e ad autorizzare visti per gente che deve partire per posti lontanissimi e meravigliosi ai suoi occhi: l'India, la Cina, il Giappone, l'Australia, le isole Galapagos. Passa ore a fantasticare, tra una macchia di inchiostro e una correzione di bianchetto, su tutto quello che potrebbe fare se solo decidesse di partire, se potesse per una volta recarsi di persona in uno soltanto di quei posti lontani. Di sicuro non si troverebbe spaesato, dato che una delle sue passioni preferite è leggere libri di viaggio e guide turistiche, cosa che gli permette di dare sempre buoni consigli alle persone che si presentano davanti al suo sportello.
"Buongiorno, signora Carotide! L'India? Ah, che meta meravigliosa…ma mi raccomando, stia attenta alle tigri! No, non a loro, ma a non fare loro del male…ho letto che ne sono rimaste così poche…"
"Ehilà, messer Guadaluppo! Ritorna in Giappone? è già la terza volta in due anni, vero? deve essere una terra magica…esprima un desiderio anche per me." – e così via.
La sera, mesto, torna a casa e si prepara un piattone di brodo di dado, mentre sfoglia riviste di viaggi. Un documentario prima di dormire, poi a letto, sperando di sognare mete lontane. Sogna di partire, il signor Zanzibar. Ma non parte mai.
Un giorno, però, succede una cosa strana: mentre sta per timbrare un visto, con suo grande stupore ci legge sopra il suo nome. Ho le traveggole?, pensa subito. Come è potuto succedere? io non ho firmato nulla. Timidamente, porta il visto al suo capo che, stupito quando lui, si propone di indagare. Nel frattempo, il signor Zanzibar aspetta seduto alla scrivania, mordicchiando una penna.
Dopo qualche ora, il capo ritorna da lui. Ha le guance rosse e la parlantina concitata: è successo un disguido, dice. Per errore, è stato emesso un visto a nome del signor Zanzibar e lui lo ha rimbrato e firmato, rendendolo valido. Ora – il suo capo non sa come proseguire – non so come dirglielo, signor Zanzibar, ma lei è obbligato a partire. Partire, io? domanda lui, incredulo. Sì sì – si affretta ad aggiungere il suo capo – partire, partire! Lei capisce, ne va del buon nome dell'agenzia, non è possibile ammettere di aver emesso un visto a vuoto, un errore, lei capisce, ora deve partire – non si preoccupi dei soldi, pensiamo a tutto noi!
Il signor Zanzibar guarda il visto che ha tra le mani: Brasile, c'è scritto sopra. Una delle sue mete preferite: la foresta Amazzonica, quei cieli immensi, il silenzio nascosto tra gli alberi, i fiumi segreti, profumo di spezie e zenzero…un sogno che diventa realtà. Sorride, pensando come a volte siano gli errori a salvarci la vita.