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Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni

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La recensione di oggi è dedicata ai genitori, soprattutto a quelli che sanno bene quanto sia impegnativo il proprio compito.


Non amo particolarmente i manuali e i volumi di auto aiuto quando parliamo di genitorialità, soprattutto perché la maggior parte di questi tende a distrarre il lettore dal punto fondamentale della questione: per essere una buona madre e un buon padre bisogna “essere”, appunto, bisogna partire da se stessi.

Finalmente mi sono imbattuta in un libro che lo dice: ho letto Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni, pubblicato da poco da Newton Compton. Non ho però capito subito quanto ne condividessi la matrice, anzi la curiosità di leggerlo è iniziata piuttosto dalla connotazione geografica legata a qualcosa in cui la geografia non ci azzecca nulla.


Perché proprio la Danimarca? Certo a farmi proseguire pagina dopo pagina ha contribuito anche la voglia che ho da un po’ di tempo di andare a Copenhagen, l’amore per Hans Christian Andersen e lo stereotipo – qui ribaltato – dei Paesi nordici come malinconici… poi mi è anche piaciuto questo titolo fiume, dove si mette da subito l’accento sulla reciproca contentezza.

Insomma il fulcro del discorso è questo: perché una famiglia funzioni bisogna essere felici… o almeno provarci. Sul come si faccia, su questa domanda da milioni di dollari o di qualunque altra valuta, s’impernia il volume. Per districarsi le autrici partono dalla parola “parent”, genitore in inglese, e per ogni lettera tirano fuori una parola chiave. Una succulenta quanto significativa anticipazione? Eccone due.

Quelle che più mi hanno affascinato, tanto che credo siano davvero i perni di questo metodo che poi non ha nulla del metodo fatto di regole e principi a priori, sono l’autenticità e la hygge, una parola che potremmo rendere in italiano con intimità familiare.

Sono termini che hanno fatto risuonare mille campanelli nel mio cuore, proprio perché lo chiamano in causa in un settore della vita dove spesso ci si dimentica di mettercelo, ed è un paradosso!

In una giungla di punizioni, madri tigri, momenti di time out, nanna tra pianti angoscianti, imposizioni scese dall’alto che bisogna adottare per un bene che non si capisce bene di chi sia, dell’adulto, del bambino, della proiezione irreale di un modello di adulto di successo a cui pare tutti debbano tendere, il ritorno a se stessi – alla voce interiore, alla propria bussola per orientarsi secondo un sentire profondo e per niente riferito alla media o a un, ancora una volta, astratto concetto di normalità – è la via definitiva.

A renderla tale è la completa personalizzazione a cui questo volume apre, dando solo delle linee guida di ragionamento che possono portare alle conclusioni più diverse, ma che senz’altro passano per tutti dalla via dell’auto esplorazione e al pensare che, prima dei nostri figli, anche noi siamo stati bambini a cui è stata impartita un’educazione.

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