Da ragazzini, per divertirsi basta poco, si sa. Tutto ciò che serve è infatti una bella dose di fantasia e creatività, caratteristiche che, soprattutto nei più piccoli, non mancano mai.
Tra le mani di un bambino anche l’oggetto più semplice, magari insignificante per gli occhi di un adulto, può trasformarsi in un piccolo scrigno di divertimento. Come un semplice tappo, per esempio. Per intenderci, uno di quei cosi metallici che stappiamo in continuazione da bottigliette di birra o coca-cola. Una manciata di tappi, ed il gioco è fatto. Letteralmente.
Diffusosi in Italia durante gli anni del dopoguerra, in concomitanza all’introduzione e diffusione dei tappi metallici a corona (oggi sempre più rari, ormai sostituiti dai più pratici ed economici tappi in plastica), il gioco dei tappi, chiamato anche ciclotappo, ha probabilmente segnato l’infanzia della gran parte dei ragazzini cresciuti durante quegli anni. Tant’è che ancor oggi, nostalgici signorotti un po’ in là con l’età non trovano nulla di male (e ci mancherebbe!) nel riunirsi in piccoli club e circoli amatoriali “del tappo”, nei quali lasciarsi liberamente andare ai ricordi.
Il nome di ciclotappo è figlio dell’allora usanza d’incollare sulla parte interna del tappo i volti di importanti ciclisti, per poi portare in scena quelle grandi gare di ciclismo che, durante gli anni ’50 e ’60, un po’ come oggi per il calcio, esercitavano un grande fascino su larghissime fasce della popolazione italiana.
Giocare al ciclotappo è semplicissimo.
Tutto ciò che occorre fare, come se si stesse giocando con le classiche biglie, è disegnare/costruire un percorso, una sorta di semplice e spartana pista sulla quale far muovere i propri tappi. Tappi che, a turno, bisogna far avanzare colpendoli con un poderoso schiocco di dita, cercando, naturalmente, di non farli finire fuori percorso o impantanarli in eventuali ostacoli. Vincitore è colui che riesce per primo a spezzare il traguardo. Proprio come in un vero giro d’Italia.
Su, mano ai tappi che si inizia!