Siamo in Cisgiordania, in una casa palestinese occupata da due soldati israeliani che da lì osservano la zona circostante.
Allargando lo sguardo oltre le mura della casa ci potremmo ritrovare al centro del più vasto conflitto israelo-palestinese, ma la scena in cui ci muoviamo in Il gatto nella città dei sogni rimane quasi sempre tra le mura dell’abitazione da cui siamo partiti, non per questo – però – possiamo dimenticare la guerra, fuori dalla porta.
È il punto di vista a segnare la narrazione del nuovo romanzo di Deborah Ellis, dove la voce narrante è quella di un gatto. Anzi, a dire il vero, la voce narrante è quella di Clare, una ragazza morta, in seguito a un incidente, a tredici anni, e rinata gatta.
Tante cose sono cambiate per Clare quando si risveglia gatta: non è più nella sua città, ovvero Bethlehem in Pennsylvania, ma a Betlemme, dove si rende conto di riuscire a capire che cosa dicono i turisti, pur parlando tante lingue diverse, mentre vanno a visitare la Basilica della Natività. Questa scoperta la entusiasma per poco, si stanca presto nel sentire ovunque le stesse parole noiose su dislocazioni di toilette, cibo, souvenir della Terra Santa e litigi sul peso dei bagagli al rientro.
Gatta da circa un anno, una notte, mentre si trova in un villaggio poco lontano da Betlemme ed è in cerca di cibo, entra nel territorio di altri gatti, il più grande e grosso tra questi, infastidito dall’invasione, comincia a inseguirla… In fuga, arriva davanti a una piccola casa dove nota due soldati vicino alla porta, corre verso di loro pensando che potranno proteggerla e questi, dopo aver forzato l’ingresso con una spallata, entrano in un attimo, lasciandole giusto il tempo di infilarsi tra le loro gambe prima che la porta sia richiusa.
La casa sembra vuota, contro una parete c’è una città giocattolo costruita con materiali di recupero (scatole di biscotti e sale, lattine, taniche d’acqua), un foglio, scritto in arabo, la indica come la Città dei sogni.
È la gatta la prima a rendersi conto che in casa c’è qualcuno, perché la Città dei Sogni copre una botola dove si nasconde un bambino; pur non essendo abituata a prodigarsi per gli altri, Clare ne sente il respiro affannato e decide di intervenire attirando l’attenzione dei soldati su di lui e poi indirizzandoli verso l’inalatore di cui il piccolo ha bisogno per respirare meglio. Da qui i quattro si ritrovano in una breve convivenza, in cui i soldati si chiedono come comportarsi con il bambino, con il quale non riescono a comunicare (i soldati capiscono poco l’arabo e il bambino non comprende l’ebraico); alla fine si crea quasi una nuova famiglia. Un breve intervallo, certo, prima che la realtà (con i suoi drammi) torni sovrana.
Il gatto nella città dei sogni mi ha fatto pensare a una rappresentazione teatrale, forse per il suo concentrarsi in uno scenario, per il suo affidarsi soprattutto al dialogo tra i soldati e alla presenza del bambino, una scena che si allarga, verso il finale, a voci fuori campo fino all’epilogo dove ci si sente tutti sconfitti.
In questa rappresentazione reale, tragica e teatrale, si inserisce l’elemento fantastico del gatto-Clare, con i suoi pensieri e i ricordi della sua vita prima dell’incidente.
A dire il vero, ascoltando il racconto dei suoi tredici anni, Clare non ispira grande simpatia.
È una ragazza furba, egoista, viziata, ogni tanto ruba qualcosa agli amici e alla sorella, tutto sempre impunemente. A scuola va bene, usa sorrisi e finte buone maniere per accaparrarsi le simpatie degli insegnanti, fino a quando arriva una nuova professoressa, Ms Sealand, coordinatrice di classe e insegnante di storia e letteratura, che non si fa prendere in giro dalle moine ma chiede prima di tutto ai suoi alunni impegno e rispetto.
È con un atteggiamento di sfida che Clare si pone nei confronti della nuova insegnante, una sfida che (complici anche i genitori e il preside) crederà alla fine di vincere, eppure c’è una “poesia della punizione”, da copiare un certo numero di volte (il numero di volte in cui si è stati puniti), che – senza che lei se ne accorga – comincia a scavarle dentro dei sentimenti nuovi e inaspettati. Le parole, copiate così tante volte da essere ricordate a memoria, recitate alla fine ad alta voce sembrano arrivare realmente al cuore di Clare e fanno così male da provocarle un moto di rabbia; sono poi le stesse parole che il gatto sente bisbigliare al bambino della Città dei Sogni.
La poesia della punizione risale al 1927, è Desiderata, di Max Ehrmann (divenuta celebre negli anni Sessanta come inno pacifista) e la riportiamo qui, mentre Clare tredicenne prende a calci gli sportelli degli armadietti della scuola: “Stupida, poesia. L’universo non si dispiegava affatto come doveva. L’universo era un grosso, spaventoso errore dove le persone buone venivano uccise e quelle come me continuavano a vivere”, ma sappiamo che, anche per lei, non c’è niente di stupido in questa poesia.
Desiderata, Max Ehrmann
Va’ serenamente in mezzo al rumore e alla fretta,
e ricorda quale pace ci può essere nel silenzio.Finché è possibile, senza cedimenti,
conserva i buoni rapporti con tutti.
Di’ la tua verità con calma e chiarezza,
e ascolta gli altri,
anche il noioso e l’ignorante,
anch’essi hanno una loro storia da raccontare.
Evita le persone rumorose e aggressive,
esse sono un tormento per lo spiritoSe ti paragoni agli altri,
puoi diventare vanitoso o aspro,
perché sempre ci saranno persone superiori ed inferiori a te.Rallegrati dei tuoi successi come dei tuoi progetti.
Mantieniti interessato alla tua professione, per quanto umile,
è un vero patrimonio nelle fortune mutevoli del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari,
poiché il mondo è pieno di inganno.
Ma questo non ti renda cieco su quanto c’è di virtuoso,
molte persone lottano per alti ideali,
e dovunque la vita è piena di eroismo.Sii te stesso.
Specialmente non fingere negli affetti.
E non essere cinico riguardo all’amore,
perché a dispetto di ogni aridità e disillusione
esso è perenne come l’erba.Accetta serenamente l’insegnamento degli anni,
abbandonando con grazia le cose della giovinezza.
Coltiva la forza d’animo per difenderti dall’improvvisa sfortuna.
Ma non angosciarti con fantasie oscure.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.Al di là di una sana disciplina,
sii delicato con te stesso.
Tu sei un figlio dell’universo,
non meno degli alberi e delle stelle;
tu hai diritto ad essere qui.
E che ti sia chiaro o no,
senza dubbio l’universo va schiudendosi come dovrebbe.Perciò sta’ in pace con Dio,
comunque tu Lo concepisca,
e qualunque siano i tuoi affanni e le tue aspirazioni,
nella rumorosa confusione della vita conserva la pace con la tua anima.Nonostante tutta la sua falsità, il lavoro ingrato ed i sogni infranti,
questo è ancora un mondo meraviglioso.
Sii allegro.
Sforzati di essere felice.