Una gatta in fuga, Vanna Cercenà, Giunti Editore
Nuovo arrivo in casa Giunti per la collana Colibrì (ve ne abbiamo parlato qui), rivolto a lettori “in erba” che abbiano voglia di leggere di viaggi pericolosi, amicizia e… felini.
La storia raccontata da Vanna Cercenà ha inizio infatti nella Siria devastata dalla guerra, nel momento in cui una piccola gatta nera perde mamma e fratellini in un’esplosione e, fuggendo, incontra Alya, piccola umana dalla quale non vorrà più separarsi. Bambini e animali, si sa, hanno molto in comune e sanno creare alleanze indistruttibili che sfuggono allo sguardo degli adulti. Poco importa quindi se la famiglia della bambina sta lasciando la Siria per cercare altrove una vita più serena: Alya nasconde la micia, che ha chiamato Jamyla, nello zaino ed è pronta a portarla con sé.
Assistiamo quindi a dolorosi addii, lunghi tragitti in soffocanti “scatole con le ruote” e traversate in mare molto pericolose, chiedendoci insieme a Jamyla che senso abbia ciò che sta accadendo. La gattina, infatti, si fa metafora dello spaesamento bambino di fronte al dolore e alla separazione, e fornisce un punto di vista insolito dal quale osservare l’insensatezza della guerra. Facendosi domande e dandosi risposte forse non del tutto logiche, ma sicuramente interessanti, Jamyla ci interroga su un mondo dove a decidere tutto sono i grandi, i ricchi, i potenti, ma a pagarla sono spesso i più piccoli e fragili.
“Che cos’è la guerra?” domanda un gattino piuttosto spelacchiato con un occhio chiuso.
“È una cosa terribile che fanno gli uomini per far morire tutti, anche i gatti” rispondo io.
Una storia leggera come una gatta
Sebbene il tema affrontato da Vanna Cercenà in questo breve romanzo non sia dei più semplici, non dobbiamo pensare a una storia carica di tristezza. L’autrice sceglie infatti di non indugiare sul dolore (anche perché quando si è in fuga non c’è tempo per disperarsi), ma di sfiorarlo appena, preferendo svelare quel microcosmo di dolcezza e affetto che i “cuccioli” sanno crearsi anche nei momenti più bui. Alya e Jamyla, confuse e preoccupate, trovano l’una nell’altra qualcosa di cui prendersi cura, e la loro amicizia finirà per conquistare tutta la famiglia.
Le delicate illustrazioni che scandiscono i momenti più importanti del viaggio di Jamyla e della sua padroncina contribuiscono al clima di tenera complicità che pervade il testo, arricchendolo di interpretazioni nuove. Così, nelle pennellate di Giulia Dragone lo zaino di Alya diventa capace di contenere tutto ciò che lei ha di più caro (il suo fratellino Ferid e Jamyla inclusi) e l’elicottero dei soccorsi, che la gattina crede un uccello, si fa grande colomba di pace.
In ognuna delle immagini che accompagnano il testo incontriamo poi una vegetazione lussureggiante ed esotica, che ognuno può interpretare secondo la propria sensibilità: a me piace pensare che essa simboleggi la bellezza di una terra d’origine che, abbandonata a malincuore, continua a vivere nei propri figli per quanto lontano possano andare.