“Datemi un museo e ve lo riempirò” diceva Pablo Picasso e di musei il grande artista, con i suoi quadri e le sue opere straordinari, ne ha riempiti davvero tanti. Ma un museo non va riempito solo di sculture, dipinti, oggetti, testimonianze di un passato che non c’è più o simboli di un presente che riflette su se stesso. In un museo ci dovrebbe, innanzitutto, essere spazio per chi lo visita e desidera conoscere qualcosa in più sulla propria storia e sulla cultura del territorio in cui vive, a partire dai bambini.
Si va a scuola per imparare a leggere, scrivere e far di conto. Ebbene, si dovrebbe, sin dalla tenera età, frequentare i musei per assorbire il concetto del “bello”, restare a bocca aperta davanti ad una tela di Caravaggio, porsi delle domande di fronte ai monili e agli scheletri di una tomba romana, intenerirsi dinanzi ai volti di Modigliani, sognare guardando i colori di Chagall, sentirsi leggeri di fronte alle installazioni in fil di ferro di Calder…
Ma i bambini non possono andarci da soli ad un museo se non c’è un adulto, genitore, nonno, insegnante, baby-sitter che li accompagni. Tante volte mi chiedo perché ci si ostini ad organizzare per i compleanni dei propri figli stucchevoli e monotone feste in ludoteca, con regali preconfezionati annessi, e non si decida invece di regalargli una giornata del proprio tempo in cui fare una passeggiata all’aria aperta o visitare il museo più vicino o la chiesa o il monastero o il sito archeologico.
Frequentare i musei, come le scuole, vuol dire scoprirsi cittadini di un Paese che è conosciuto e invidiato in tutto il mondo non solo per la pizza, il sole e il mare ma per un patrimonio artistico unico, che “ogni italiano dovrebbe imparare da bambino come una lingua viva” (Cecilia D’Elia). Non può che far piacere, dunque, la recente decisione del nuovo Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Massimo Bray, di estendere il diritto di entrare gratuitamente nei musei a tutti i bambini figli di immigrati ma nati in Italia. Può sembrare una cosa da nulla, una sciocchezza… eppure nessuno ci aveva mai pensato. Finora se una classe della scuola dell’infanzia si recava in visita ad un museo, i bambini filippini o tunisini o albanesi o cinesi erano costretti a pagare il biglietto, i loro compagni italiani no. Che grande ed inutile umiliazione! La cultura del nostro Paese non appartiene solo ai figli degli italiani, ma a tutti colori che, pur essendo di altra nazionalità, nel nostro Paese sono nati, cresciuti, qui frequentano le scuole e come noi hanno il diritto di sentire propria la nostra storia, i nostri artisti, monumenti, teatri, siti archeologici, paesaggi, musei.
E sarebbe bello se i nostri musei fossero sempre più, come accade altrove in Europa, a misura di bambino: degli spazi non tristi, immacolati, vuoti, silenziosi ma colmi di colori, risa, voci, movimenti, domande, musiche. Luoghi in cui ascoltare delle storie da parte di personale cordiale e accogliente, in cui giocare, chiedere, creare, inventare, rappresentare. Al Museo di Arte Moderna di Vienna (Mumok) i bambini circolano per le sale trascinandosi dietro un “Kinderkunsttransporter”, un carrello che possono utilizzare come banco per disegnare, contenente tutto il materiale necessario (foto in alto). Ecco, vorrei che anche nei musei italiani si potesse vedere qualcosa di simile.
Per fare questo, Kid Art Tourism e Artkids hanno deciso di redigere un “Manifesto dei Musei per Bambini”, un documento in cui raccogliere regole e principi per i musei che vogliono essere a misura di bambino.
Se anche tu, vuoi dire la tua, compila il questionario (http://kidsarttourism.com/consultazione-un-museo-per-i-bambini/) oppure invia una mail con le tue idee, suggerimenti, proposte all’indirizzo di posta elettronica [email protected].
E mi raccomando, passaparola! Un museo a misura di bambino dipende anche da te.