C’è questo libro che si chiama ‘Tony & Susan’, è di Austin Wright e contiene una delle cose che mi fanno più paura al mondo. Immaginatevi la scena: siete in autostrada, è tutto buio, non c’è nessuno oltre a voi, alla vostra bella mogliettina e due bambini perfetti, un maschietto biondo e intelligente e una principessina. A un certo punto, senza sapere perché, una leggera paura, come una nebbiolina scozzese, inizia a intridervi le ossa. In lontananza, sulla strada deserta, appaiono i fari di un’automobile. Due occhi gialli spalancati e mostruosi che diventano via via sempre più grandi, si avvicinano sempre di più. Allora vi rendete conto che qualcuno vi sta inseguendo. E magari vuole buttarvi fuori strada, o farvi del male, in qualche modo. Ecco, 'Tony & Susan’ consiste più o meno nello sviluppo di questo agghiacciante incipit.
Adesso prendete ‘Death Metal’, il nuovo romanzo di Tito Faraci che esce oggi in libreria, scritto dal famosissimo e apprezzatissimo sceneggiatore che ha fatto dell’eclettismo il suo biglietto da visita (Dylan Dog e Topolino, Tex e Spider-Man, Diabolik e Capitan America, eccetera). Il libro esordisce con una situazione simile a quella descritta qualche riga fa. Solo che non siamo su una freeway americana ma nell’Oltrepò pavese, e i protagonisti non sono una borghesuccia famiglia americana ma cinque ragazzi su un furgoncino Westfalia, un giovane gruppo metal dall’evocativo nome ‘Snake God Hunters’. E, dietro di loro, c’è un camion che sta provando a buttarli fuori strada. E dentro il camion, beh…
Ecco, adesso la smetto, altrimenti finisce che va pure via la luce, fuori comincia a piovere e la flebile fiammella di una grande candela rossa inizia piano piano a spegnersi. Tanto l’avete capito: ‘Death Metal’ fa una paura boia. Ed è scritto da uno che sa benissimo costruire i meccanismi della paura. Tito Faraci conosce perfettamente come funzionano le storie ma, soprattutto, conosce dove funzionano: i punti in cui spingere un po’ di più e gli snodi da alleggerire. E alla fine viene fuori un meccanismo perfetto, un complicato insieme di ingranaggi che neanche il padre orologiaio del Dr. Manhattan di Watchmen.
Allora immaginate il libro come una vecchia coperta scura e pesante, gettata sopra questo segnatempo di precisione: non si vede più, è nascosto tra le nere pieghe di un sudario death metal. Non si vede ma si sente. E, nel silenzio, il ticchettio regolare e ineluttabile della macchina del terrore risuona come una campana a morte. Potete provare a staccarvi un attimo dalle pagine, prendervi una pausa o accendere la luce. Ma è tutto inutile. Perché è troppo divertente per smetterla. E perché il dio serpente vi aspetta proprio fuori dalla porta.