Illustrazione di Domenico Sicolo tratta dal libro "Il mestiere dell'archeologo" di Giovanna Baldasarre
Quanti di voi hanno un gatto, cane, tartaruga, pesciolino rosso o altra specie di animale domestico a casa? Sempre più gli animali fanno parte della nostra vita quotidiana, condividono i nostri spazi e le nostre abitudini, ci confortano con la loro compagnia e devozione nei momenti lieti e spensierati e in quelli un po’ più tristi, quando la loro presenza riesce più di qualsiasi altra cosa o persona a strapparci un sorriso.
Immaginare un mondo senza animali è difficile se non impossibile perché, se non ci fossero, gli equilibri della nostra vita, oltre a quelli dell’intero ecosistema, ne sarebbero profondamente turbati.
Gli animali, come le piante e gli uomini, si sono evoluti nel corso del tempo e hanno lasciato tracce preziose che oggi vengono attentamente studiate per ricostruire i processi che hanno portato alla trasformazione dell’ambiente e delle specie che lo abitano. La paleontologia, ad esempio, studia gli animali e le piante presenti sulla Terra, nelle epoche precedenti quella attuale, a partire dai fossili, ossia dai loro resti pietrificati.
Anche in archeologia grande rilievo viene attributo all’analisi dei resti animali, oggetto di studio di una disciplina chiamata archeozoologia.
Un mio amico archeologo, Giovanni De Venuto, è un valido e affermato archeozoologo: le ossa animali, da qualsiasi contesto essi provengano, non hanno per lui più segreti. È un specialista del settore: può sembrare apparentemente strano, ma il suo compito consiste nel ricostruire storie del passato a partire da semplici e anonime ossa animali. Non ci credete? Leggete cosa mi ha rivelato a tal proposito…
– Giovanni perché hai deciso di occuparti dello studio delle ossa animali e non delle ossa umane o di altre classi di materiali (ceramica, vetri, metalli ecc.)?
Da bambino ho sempre nutrito un forte interesse nei confronti del mondo animale. Aver avuto la possibilità di studiare i loro resti non mi è sembrato quasi vero!
– Chi è l’archeozoologo e in cosa consiste il suo lavoro di ricerca?
L’archeozoologo studia tutto ciò che può essere attribuito agli animali (mammiferi, insetti, uccelli, rettili, pesci) all’interno di uno scavo archeologico. La finalità dello studio di questi reperti è quello di ricostruire i rapporti che l’uomo ha avuto con il mondo animale nel passato, dall’allevamento alla caccia, all’alimentazione.
– Che contributo possono dare le informazioni ricavate dallo studio dei resti animali alla ricerca archeologica e dunque alla ricostruzione della storia di un insediamento?
Grazie alle ossa animali siamo in grado di ricostruire l’economia di un insediamento perché riusciamo a capire quali animali erano allevati e con quali finalità (produrre carne, latte, lana, pelli); possiamo anche capire qual era l’ambiente circostante un sito: se c’erano pascoli, boschi, terreni coltivati. Inoltre, in casi particolari, possiamo meglio comprendere alcuni atteggiamenti culturali degli uomini del passato: perché mangiavano determinati cibi o sacrificavano alle divinità determinati animali.
– Qual è stato il ritrovamento archeozoologico più strano in cui ti sia sinora imbattuto?
A Canne della Battaglia, in una cisterna abbandonata di età medievale ho rinvenuto diversi scheletri di gatti. Pensavo vi fossero caduti casualmente e che vi fossero morti all’interno perché intrappolati. Invece, osservando bene le ossa ho notato tracce di tagli sul cranio e su altre ossa. Sono riuscito a capire che i gatti dopo essere stati uccisi sono stati utilizzati per recuperarne la pelliccia. Si trattava di una consuetudine molto comune nel Medioevo: la pelliccia di gatto domestico era molto ricercata, come quella di volpe o di scoiattolo.
– Qual è invece l’animale che, da archeozoologo, ti piacerebbe ritrovare e studiare?
Forse uno scheletro di elefante, magari quelli che Annibale portò in Italia dall’Africa durante la seconda guerra punica e che spaventarono i Romani in battaglia.
Ma secondo voi, a Canne della Battaglia, gli elefanti ci sono arrivati per davvero? Chissà… Magari un giorno Giovanni riuscirà a scoprirlo. Intanto vi saluto con questa foto che mi ha inviato: si tratta dei resti di un cane che ha ritrovato tempo fa in una fossa votiva del I sec. a.C.
A chi apparteneva quel cane? Come si chiamava? Di che razza era? È stato ucciso per un sacrificio in onore di qualche divinità? Quanto avrà corso e saltato nella sua breve o lunga vita? Qual era il suo piatto preferito? A molte di queste domande Giovanni è riuscito a trovare una risposta grazie alla scienza e ai suoi strumenti di analisi. Per altre, occorre solo tanta fantasia e la capacità di inventare storie. Perché non provarci? “C’era una volta un cane che si chiamava Argo, come l’anziano e fedele cane di Ulisse….”