Tutti noi ci siamo tuffati almeno una volta nella vita nel collezionismo di figurine. Dagli immancabili album dei calciatori a quelli dedicati a film o cartoni animati.
Ogni bambino, prima o poi, ci cade e, ammettiamolo, qualcuno non ci esce proprio più, no.
Si scambiavano ‘sti rettangolini di carta adesiva per strada, in piazza e, soprattutto, a scuola. Tra i banchi e nel cortile. Prima, durante e dopo le lezioni.
Si scambiavano e si giocava. Come?
Ma a soffio, naturalmente! O ciuscia, come ancora si dice dalle mie parti.
Questo perché, da bambini, basta davvero poco per divertirsi. E delle semplici figurine sono più che sufficienti.
L’unico inconveniente era però la saliva…. A furia di soffiarci sopra una, due, tre volte, ecco che le figurine tendevano ad esser… come dire… umidicce, sì.
In ogni caso, giocare è semplice. Scelta la posta (il numero di figurine da impiegare) si procede posizionandole, a viso in giù, una sull’altra, in una piccola pila. L’ultima, in cima, scoperta.
Tutto ciò che resta da fare è soffiarci contro, possibilmente senza scatenare nessuna tempesta di vento. Ogni figurina rivoltata è figurina guadagnata.
Ora, qualora non si volesse sputacchiare, un’alternativa comunque esiste, sì. E’ una variante del gioco, generalmente conosciuta come botta. Ancor più semplice.
Invece di soffiar contro il muro, bisogna semplicemente colpire (a pugno chiuso o mano aperta) la superficie sulla quale le figurine poggiano. Niente saliva, in questo caso. Tuttalpiù, solo qualche contusione…
La verità è una sola, comunque: che si scelga soffio o botta, giocare alle figurine in classe (una lezione soporifera può esser perfetta tentazione) è un tantino difficile. Lo capisco.
Ecco perchè saggio sarebbe ricorrere a qualcosa di molto più discreto (direi quasi sottobanco). Sto parlando del mucchio!
Silenziosamente, approfittando magari delle spalle del maestro, fatti due mucchietti, si scopre una figurina alla volta, a turno, rubando quella dell’avversario se legata da un particolare ben preciso alla propria (può essere l’appartenenza alla stessa squadra, girone o, più semplicemente, se i due calciatori condividono la medesima iniziale di nome o cognome. In ogni caso, meglio decider tutto all’inizio).
Ecco, a mucchio sì che si giocava spesso e ovunque. Molte volte, senza che ci fosse un vero vincitore, però. Questo perché esisteva un solo finale quando il maestro ti beccava: figurine sequestrate.