Sono irriconoscibile quando saluto mamma sulla porta, e non perché ho mezza faccia sotto la sciarpa, semplicemente, come il più triste dei supereroi, la mia identità scompare non appena esco di casa, appena supero la cancellata – e non sono più Caterina.
Matteo Cellini non è rientrato nella cinquina finale, ma è stato tra i finalisti del Premio Strega con un racconto su Cate, 17 anni, obesa.
Tutte le mattine Caterina, 17 anni, si sveglia, fa colazione, si veste passando attraverso la tortura dei vestiti e va a scuola. Appena esce di casa non è più Caterina, si trasforma in una supereroina: Cater-pillar, Cate-ciccia, Cate-bomba.
Trasformarsi in una supereroina è il solo modo che ha per sopravvivere, perché Caterina è obesa e i vestiti che la stringono sono il costume da supereroe che indossa quotidianamente per proteggersi dalle cattiverie del mondo.
La sola normalità che Caterina conosce è quella all'interno delle mura domestiche, dove vive con la madre, il padre e i due fratelli, Gionata e Oscar. Nessuno di loro entra nelle poltrone del cinema del paese.
Qualsiasi ragazza o donna abbia provato anche solo che significa essere un po’ sovrappeso sa che non è questione di dire, semplicemente, “sono cicciona” e di ricondurre tutto a “metto maglioni grandi e lunghi”. No, c’è l’intimità dolorosa della consapevolezza continua del proprio corpo – odiare la femminilità, il seno formoso eppure non “sexy”, le cosce che sfregano, il sudore, il disagio… Tanti e tanti dettagli che “sono cicciona” non comprende.
L'autore racconta un'adolescenza difficile attraverso lo sguardo spietato e feroce della sua protagonista, con un sentimento di grande rispetto per questa eroina della dismisura e per la battaglia che affronta quotidianamente senza cedere alla compassione e racconta una storia di ordinaria anormalità in una società dell’immagine ossessionata dalla perfezione, coniugandola con il romanzo di formazione.