“I Lidi raccontano che sotto il regno di Atis, figlio di Manes, una forte carestia si sarebbe diffusa in tutta la Lidia. I Lidi per un certo tempo persistettero nella loro vita, poi, non cessando la carestia, cercarono rimedi. E fu allora che sarebbero stati inventati i dadi, gli astragali, la palla e tutti gli altri generi di giochi. Un giorno mangiavano il poco che avevano ed il giorno seguente digiunavano, cercando di dimenticare i morsi della fama giocando da mattina a sera. Vissero in tale modo per diciotto anni.”
Ecco cosa narra Erodoto riguardo ai Lidi, antica popolazione orientale considerata ceppo originario, secondo una teoria ancora in voga, dei nostrani Etruschi, che, emigrati fino in Toscana, proprio in seguito alla terribile carestia sopra citata, sarebbero addirittura da considerare come gli inventori del giocare.
Una semplice leggenda naturalmente (essendo in realtà il gioco nato, potremmo dire, con l’uomo stesso), ma che conserva comunque una sua bellezza tutta particolare. Un fascino di altri tempi che ben potrebbe adattarsi alla nostra rubrica de La stanza dei giochi, piccolo angolo dedicato ai passatempi di una volta.
D’accordo, qui parliamo addirittura di Etruschi, ma mai fermarsi alle apparenze, dato che, il più delle volte, il passato, anche quello remoto, tanto passato in fondo non è.
Gran parte delle già di per sé poche informazioni sui passatempi amati dal popolo etrusco provengono dai dipinti presenti all’interno dei loro sepolcri, veri e propri tesori funerari dell’Italia centro-settentrionale.
In una di queste, a Tarquinia, alcuni ritengono possa esserci raffigurato un giocatore di ruzzola, antichissimo gioco praticato ancor oggi in molte regioni campagnole del centro-sud.
La ruzzola è un semplice disco di legno da lanciare lungo il terreno servendosi di uno spago precedentemente avvoltogli intorno (un po’ come le vecchie trottole).
Obiettivo del gioco: far ruzzolare la propria ruzzola fino al traguardo, possibilmente col minor numero di lanci; e magari festeggiare la vittoria con un bel pezzo di formaggio durante il banchetto di premiazione.
Questo perché gli Etruschi erano soliti utilizzare proprio una ruota di formaggio stagionato per le gare. Ruzzole che venivano poi consegnate al vincitore… Sempre che tra fango, rocce e ricordini animali sparsi lungo il percorso, il formaggio potesse considerarsi ancora commestibile…
Parlando di simposi (e quelli etruschi si dice fossero piuttosto movimentati) abbiamo notizie anche di un altro gioco: il Cottabo.
Si metteva un’asticella di ferro (il Kottabos, per l’appunto) al centro della sala, ad uguale distanza da ciascun commensale, con in cima, in precario equilibrio, un piattino.
Tutto ciò che bisognava fare era abbattere la costruzione servendosi delle ultime gocce di vino rimaste nella propria coppa.
Un semplice giochetto per allietare la cena, insomma. Con somma disperazione di coloro che avrebbero poi dovuto pulire il pavimento.
Ecco perché, probabilmente, gli Etruschi amassero tanto cenare distesi sui triclini: per non bagnarsi le pantofole, mi sa.