E’ il tempo della scuola che detta i tempi delle nostre giornate. “Marta, sei pronta?” E’ il mantra che si ripete ogni mattina per evitare ritardi. Ma procediamo dall’inizio.
Entro in camera per il bacio del risveglio e, in cambio, ottengo la tenace resistenza alla sveglia. “Uffa papi, ma come devo dirtelo che io la mattina ho sonno!”. “Vedi, questo è il motivo per cui, la sera, ti diciamo di andare a dormire presto”.
Mentre trattiamo le condizioni della resa, dall’altra stanza M. – che sta cambiando il pannolino ad Agnese – comincia a sollecitare i preparativi. Ottengo la disponibilità ad alzarsi solo a condizione che, a colazione, le lasci mangiare pane e nutella e che, prima di andare in bagno a lavarsi, si giochi insieme per ben dieci minuti. Mi sembra un successo visto i trascorsi che ci hanno visto arrivare a scuola pochi secondi prima della conta per i pasti della mensa. Il dado Marco ci ha giurato che la prossima volta ci lascia fuori. Di solito, se può, lui chiude un occhio. Ma nel nostro caso li dovrebbe chiudere tutti e due.
A tavola, le fette di nutella da due passano a tre. Una sola fetta non è nemmeno contemplata nel novero delle possibilità di mediazione. “Latte, succo o yogurt?”, le chiedo. “Latte, papi. E ricordati la cannuccia”. “Per favore, Marta. Si dice: per favore!”. Credete che sia inutile esercitarsi in autorità? A volte, qualche risultato si ottiene. “Papi, scusa”. Le porgo la tazza e lei: “Papi, ho detto con la cannuccia!” Sto per arrabbiarmi. “Marta sei pronta?”, grida la mamma mentre con il biberon serve la colazione all’altro ospite.
Adesso si gioca! Nella stanzetta si riversano a terra gli scatoloni con i giochi e si allestisce la scena per rappresentare le vicissitudini della famiglia dei bambolotti. Sembra un secolo ma sono passati solo sette minuti. Il timer impostato per dare lo stop è rigoroso. Meno tre, meno due, uno…”Marta sei pronta?” La mamma non poteva sapere che – pur se terminato il tempo pattuito – non si può lasciare solo a casa Cicciobello con la febbre. Prima di uscire è necessario aspettare la visita del dottore. E si sa che il pediatra non è mai puntuale. “Martaaaa sei pronta?”, urla la mamma.
Riesco a dissuadere Marta dal denunciare al telefono azzurro la sua famiglia per mancato soccorso di neonato (mi costa una partecipazione al sequel della vicenda prima di cena) e la convinco ad avviare le pratiche della vestizione. “No questo pantalone è stretto. La maglietta non ha i brillantini. E non voglio i calzini doppi. Le scarpe da ginnastica, vanno bene. Ma solo se sono quelle con le luci nella suola”. “Martaaaaaaaaaaaa….".
Alt! Fermi tutti! Questo era il film dell’anno scorso. Al suo terzo anno di materna, Marta si sveglia contenta di andare a scuola, fa colazione con cibi sani e ascolta i consigli della mamma in fatto di moda. Almeno per adesso. Quando arriviamo a scuola, però, il dado Marco ci lancia ancora un’occhiataccia. Siamo sempre e comunque in ritardo!