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"Vuoi nel mondo aver fortuna? Bevi sempre il chiar di luna" Seconda parte…

Seconda e ultima puntata in compagnia di Viperetta: assaporatevi per benino le sue peripezie dunque!
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Ah la luna! Chissà che meraviglie lassù…

Macchè, non facciamoci sedurre dalle romanticherie! Il paesaggio lunare non è soffice e caramelloso come sembra: Viperetta, l'intrattabile monella di Antonio Rubino che abbiamo conosciuto nella precedente puntata, ne è certa.

La luna è un mondo alla rovescia, capovolto, come quello di Alice o come quello illustrato dallo stesso Rubino nel Collegio La Deliziabizzarro istituto dove i ragazzi, invece di studiare, fanno una gran baldoria. E così sul satellite tutto è assurdo, le giornate sono eterne e gli abitanti sono esseri buffi e insoliti. Viperetta conosce la bella Maga Luna, la piccola Paolotta, il principino Lunotto, il Re Plenilunio e soprattutto Pierrotto, l’amico col violino e il volto infarinato che provocherà nella bimba una lenta e pinocchiesca trasformazione interiore e che rappresenta – dicono Pino Boero e Carmine De Luca – il "simbolo di quel clima malinconico-decadente caro al Rubino di Versi e Disegni".

L’atmosfera morbida e fatata degli scenari lunari ben presto si trasforma in un incubo, i cui ambigui contorni sono sottilmente evocati dai disegni dell'autore: pensiamo all’immagine inquietante della falce della terra crescente o ai pedagoghi lunari, “tre vecchi dalle lunghe facce ossute”, dietro ai quali si nasconde la graffiante critica di Rubino all'istituzione scolastica e alla didattica tradizionale, incapace di valorizzare la relazione con l’allievo e di adottare metodi di insegnamento che non siano meccanici e libreschi.

A ben vedere il mondo lunare si rivela illusorio e fasullo come quello terrestre. Lo dice anche Pierrotto, "povero poeta sentimentale", che per amore della Luna ha abbandonato la Terra, la sua Pierrotta e i suoi piccoli Pierrottini: "Ho creduto di trovare la felicità nel mondo della luna, e invece mi accorgo che la vera felicità è quella che ho perduta".

Anche Viperetta è arcistufa della Luna e vuol tornare a casa: d'altra parte una monella del suo rango non può che ribellarsi a questo universo ordinato dalle tinte pastello, che contrasta apertamente con il rosso accecante del suo fiocco e del suo vestitino. L'abitino scarlatto che indossa, infatti, scatena un turbinio di sensazioni nuove nei lunari, rendendo tutti di buonumore e facendo guarire perfino quel depresso del principe Lunello. Fino a che la bimba darà l'ennesima prova della sua irriverenza e  il Re Plenilunio ordinerà addirittura di tagliarle la lingua!

Naturalmente, non appena la piccola fa ritorno a casa, i genitori non credono a una parola dei suoi fantastici racconti: si sa, i grandi non vanno più in là del proprio naso. Rubino, ben consapevole dei limiti degli adulti, avverte i piccoli lettori, e le sue parole risuonano come  una dichiarazione d’amore alla fantasia, all'immaginazione e all’infanzia:

“Quelli che non credono che la luna sia abitata, sono pregati di non andare avanti. Noi abbiamo bisogno di ragazzi che credano a tutto: gli altri stiano a casa loro. Infatti, se uno non si fida e teme continuamente di essere ingannato, come può divertirsi, dal momento che le uniche cose che divertono sono per l’appunto le frottole? Quando uno ha detto: «la luna non è abitata», ha fatto una scoperta stupida che non diverte nessuno. Quando uno ha detto: «le fate non esistono», ha pronunciato una frase inutile che non ha mai fatto ridere anima viva. Resta dunque dimostrato che la luna è abitata, e che di fate per divertire i ragazzi non ne mancheranno mai”. 

Va da sè che Viperetta non può rinunciare alla fantasia, che le viene in aiuto finanche in un posto noioso e soporifero quale Villa Quiete, dimora di zia Concalma e di zio Posapiano. Stanca del silenzio tedioso che la circonda, la bimba scopre un nuovo mondo fantastico, quello dei fiori: è con i fiori che inizia a dialogare ed è dai fiori, carini e garbati per definizione, che impara un linguaggio gentile. Il percorso di trasformazione è quasi concluso e Viperetta si disinviperisce, non prima però di aver imparato a suonare magnificamente il violino, prezioso regalo che l’amico Pierrotto le ha fatto prima di morire. A questo punto non rimane che inoltrare domanda al re per poter cambiare il nome della piccina, che d'ora in avanti sarà Violetta!

"Violetta! – disse pronta Viperetta. – Avevo il nome d'una bestia, ora voglio il nome di un fiore".

 

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