Quanti tempi ha il teatro? Ve lo siete mai chiesti?
Non date niente per scontato e provate a contarli. Uno, due, tre… me ne vengono in mente almeno quattro.
Primo, c’è il tempo quello vero, quello in cui io esco di casa e vado a teatro e mi siedo e osservo. Una domenica pomeriggio, magari, o un martedì sera. Forse sono con un’amica e forse piove e all’uscita andremo a cena. Oppure potrei essere una principessa nel Cinquecento e lo spettacolo me lo portano a corte per festeggiare le mie nozze, e io lo guardo affacciata al balcone del palazzo. O ancora è una giornata di protesta, siamo negli anni Sessanta e incontro il teatro per strada, mi invita a reagire ed entro anch’io a farne parte.
Insomma per primo c’è il tempo che sto vivendo, quello del contesto. Cambia le carte in tavola, le cambia eccome, ma in ogni caso lo spettacolo comincia e quel tempo si ferma. È sempre lì, ma se ne sta zitto ed entriamo tutti in silenzio in un tempo parallelo che è sempre quello di una specie di festa.
Il tempo in cui entriamo, e siamo a due, è quello rappresentato, quello in cui il nostro spettacolo si svolge. Nel teatro classico era d’obbligo che anche quel tempo apparisse reale. Non si poteva passare insomma dal mostrare due ragazzi innamorati al farli diventare nonni nella scena successiva. Bisognava essere credibili e fare in modo che tutto si svolgesse di seguito, senza bruschi salti in avanti. Ma è da un po’ ormai che non va più così. Oggi a teatro i salti si fanno e non solo in avanti, anche indietro. I piani si confondono e ci sono addirittura spettacoli che vivono sospesi in una specie di non-tempo. Ma gli antichi non hanno di che preoccuparsi, kids. Noi gli spettacoli li capiamo uguale.
Terzo. Quanto dura lo spettacolo? Forse è il primo tempo a cui avete pensato. È l’unico che si possa misurare, in effetti, anche se non con precisione assoluta. D’altra parte il bello del teatro è proprio questo, che ogni sera è diverso. In linea di massima uno spettacolo più di due ore non dura e, diciamolo, dopo due ore chi sta più attento. Ma sapete che ci sono stati spettacoli lunghi pure nove ore? Cercate un po’ il Mahābhārata di Peter Brook.
Infine, e siamo a quota quattro, c’è il tempo delle prove. Il tempo più importante perché è quello che sta dietro a ciò che noi vediamo. È il tempo del regista, degli attori, dei tecnici, il tempo del lavoro che si riassume qui, nel regalo imprevedibile che tutti loro ci fanno quando si alza il sipario.
Ora che ci penso, me ne viene in mente anche un altro. È il tempo misterioso che comincia a spettacolo finito, quando ciò che abbiamo visto inizia a vivere dentro di noi. E se lo spettacolo è stato bello, ma bello per davvero, questo tempo qui può durare per sempre.