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Siamo in un villaggio del Nord-Africa, un maestro insegna in una classe in cui non ci sono né banchi, né lavagna, ci sono soltanto lui e trenta bambini.
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Vi avevo già detto che presto vi avrei raccontato una storia dello scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun. Questa storia s’intitola La scuola o la scarpa, l’ho scelta perché spesso pensiamo che il diritto allo studio sia una cosa scontata per tutti i bambini del mondo; purtroppo non è così, ci sono bimbi che la scuola devono immaginarsela perché non ne hanno mai vista una, ci sono maestri che, come il protagonista si chiedono dove siano finiti i suoi alunni. Stavolta non farò come al solito, non troverete un mio commento alla fine della storia, stavolta la riflessione la lascio a voi, vedrete, c’è molto da riflettere …

«Siamo in un villaggio non precisato del Nord-Africa, un maestro, nominato da poco, insegna in una classe in cui non ci sono né banchi, né lavagna, ci sono soltanto lui e trenta bambini.

Un giorno si accorge che ne mancano due, si chiede perché, ma non dà molto peso alla cosa; il giorno dopo ancora ne mancano tre e quello dopo altri ancora, finché in classe restano davvero in pochi.  Il maestro vuole scoprire che fine hanno fatto i suoi alunni, così un giorno va a chiederlo al capo villaggio, il quale spiegherà:

– I bambini sono sassi, rami di un albero che perde le foglie, parole azzurre, scoppi di risa … vanno, vengono, passano e non lasciano tracce … tutto questo tu che vieni dalla città dovresti saperlo! Ricordati, non hanno ancora l’abitudine di andare a scuola con regolarità –

–  Ma perché non vengono a scuola? – chiede il maestro.

–  Ah! La scuola! Tu chiami questo rudere una scuola? Non hai neanche una lavagna. Quanto ai tavoli e alle sedie, aspetta, aspetta pure. Perché questo villaggio sperduto dovrebbe essere preso in considerazione dalle autorità della città? Sei ingenuo, figlio mio. E poi, hai visto le condizioni del bestiame? L’anno scorso tu non c’eri. Non ha fatto una sola goccia di pioggia. Intorno a queste colline si aggira la morte […] Qui le persone muoiono dormendo. Non si svegliano. Tutto qui. Non te la prendere se i bambini spariscono; torneranno –

Il maestro riflette un po’ sulle parole del capo villaggio ma non si rassegna, vuole capire dove sono finiti i suoi bambini, finché un giorno, girando per le fabbriche del circondario, li troverà intenti a fabbricare scarpe per tutto il giorno in cambio di pochi spiccioli.

Il povero maestro è davvero scoraggiato, pensa che nulla potrà cambiare quella situazione e decide di tornare in città. Improvvisamente, però, i suoi alunni, tutti, si opporranno a questa decisione, torneranno in classe e convinceranno il maestro a restare».

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