Continuano le nostre interviste a chi i libri per bambini li inventa e li scrive, con passione ed entusiasmo. Questa volta è il turno di Elisabetta Rossini ed Elena Urso, due giovani, belle e preparatissime psicopedagogiste che hanno all’attivo due volumi molto interessanti: Rico l’ornitorinco e Chiocciolina e la pozione magica, entrambi pubblicati dalla casa editrice Nuova Delphi. Attraverso illustrazioni colorate e un linguaggio semplice ed efficace, Elisabetta ed Elena provano a dipanare la matassa aggrovigliata e un poco oscura che comprende le paure e le emozioni dei bambini, riuscendoci perfettamente.
Ecco due bellissimi video – con protagonista, ovviamente, Rico l’ornitorinco! – che Elisabetta ed Elena hanno realizzato completamente da sole per presentare e raccontare i loro libri:
Noi di Hey Kiddo abbiamo voluto rivolgergli qualche domanda, sulla paura e su come affrontarla sia da piccoli, sia da grandi.
Ciao, Elisabetta ed Elena! Fantastiche le avventure di Rico! Personalmente, credo che molto spesso le emozioni e i sentimenti dei bambini siano in qualche modo sottovalutati dagli adulti, convinti che fino a che si è piccoli la vita sia solamente spensierata e i problemi perlopiù immaginari. In realtà, l’infanzia può anche essere un periodo buio, pieno di paure e piccole grandi difficoltà, ardue da affrontare se non si hanno gli strumenti adatti e qualcuno accanto che possa fornirteli. Qual è stato il motivo che vi ha spinto a voler scrivere delle emozioni e delle paure dei più piccoli?
L’infanzia è l’età delle paure grandi e piccole, reali e immaginarie. Spesso si commette l’errore di sottovalutare o sminuire quelle che sembrano piccole e insignificanti paure e di voler cancellare quelle immaginarie. Un bambino non può comprendere che non deve avere paura di qualcosa perché non esiste: il solo fatto di provare quella sensazione è sufficiente per farla diventare una paura reale. E noi adulti dobbiamo prendere sempre sul serio queste emozioni, perché solo così possiamo trasmettere al bambino la sensazione di essere ascoltato; solo così gli insegniamo ad ascoltare le emozioni che prova e a distinguerle e lo aiutiamo ad affrontarle e a superarle. Per questi motivi abbiamo pensato a dei libri di fiabe che avessero al centro un’emozione: la fiaba parla al bambino attraverso un linguaggio che può comprendere e parla al posto del bambino, garantendogli la giusta distanza per affrontare, protetto, una particolare emozione.
Qual è una delle cose più complesse quando si scrive un libro per bambini che abbia anche un risvolto pedagogico?
La difficoltà più grande è la traduzione. Cerchiamo di spiegarci meglio. Prima di ogni libro scegliamo l’emozione da trattare e ne analizziamo l’evoluzione psicologica nel bambino: come nasce, come si manifesta e come viene elaborata. Traduciamo poi tutti questi passaggi in un linguaggio metaforico, in modo che il bambino possa immedesimarsi nella storia e trovare i modelli per risolvere i suoi conflitti. E’ davvero importante rimanere in metafora, perché non possiamo applicare il pensiero razionale adulto al bambino. Così facendo infatti otterremmo nella migliore delle ipotesi che il bambino non capisca cosa gli stiamo dicendo, nella peggiore che il bambino sviluppi il senso di colpa per un’emozione che non riesce a gestire.
Ricordo che, quando ero piccola, mi era molto più facile immedesimarmi in una storia che avesse come protagonisti degli animali, piuttosto che delle persone. In seguito, ho scoperto che è una cosa comune a molti bambini – come mai? Quanto ha pesato questo nella scelta di utilizzare solo personaggi non umani nei vostri racconti?
Come giustamente hai detto tu, è molto più facile immedesimarsi in animali piuttosto che in altri esseri umani. Gli animali creano la giusta distanza tra il bambino e la storia senza rischio di confusione e esposizione eccessiva del piccolo lettore che può vivere la storia e le sue emozioni sentendosi protetto. E poi i primi compagni di giochi sono spesso dei pupazzi a forma di animale che ispirano tenerezza e favoriscono un investimento affettivo che accompagna il bambino verso il mondo esterno.
Sfogliando i vostri libri, si ha l’impressione fortissima che testo e disegni siano assolutamente complementari al fine ultimo della storia. Come raccontava Isabel Allende in un suo romanzo, quando scrivete un racconto “vedete nella mente le parole oppure pensate per immagini congelate in una foto”? Vengono prima le parole e poi conseguentemente le illustrazioni o viceversa?
Prima nasce la storia e poi le immagini vengono ispirate dalle parole stesse. Le figure sono molto tonde, perché le forme tondeggianti sono quelle preferite dai bambini sia da guardare sia da riprodurre con facilità e piacere. Questa forma permette ai bambini di realizzare diversi oggetti, aggiungendo solo pochi particolari. I contorni delle figure sono molto netti per rendere facilmente riconoscibile e separabile un oggetto dall’altro e sono volutamente spessi e neri: il nero, infatti, è usato dai bambini, perché li aiuta a delimitare bene i confini dei disegni e permette di riempire facilmente lo spazio. Inoltre il nero rappresenta il colore delle ansie e utilizzarlo è un modo per avere il controllo su di esse in maniera creativa e costruttiva.
Si cresce e si diventa più forti e consapevoli, ma molto spesso i traumi e le insicurezze dell’infanzia continuano a condizionarci a lungo. Avete mai pensato di scrivere un libro per aiutare anche gli adulti ad affrontare le proprie paure, che magari cambiano nel nome ma non nella sostanza?
In realtà ci piace pensare che questi libri possano aiutare anche gli adulti a riflettere sulle loro emozioni, benché sappiamo che la veste grafica lo rende molto difficile… E per questo abbiamo un progetto a cui stiamo lavorando dedicato espressamente agli adulti e alle loro emozioni. Ma per ora è top secret…