Emmanuel Lepage, Ar-Men. L’Inferno degli inferni, Tunué
Lontano, al largo dell’Isola di Sein, Ar-Men emerge dai flutti.
È il faro più esposto agli elementi e più difficile da raggiungere di Bretagna, e quindi del mondo.
Da qui il soprannome «l’Inferno degli inferni».
Ar-Men in bretone vuol dire “la roccia” e in effetti è un nome appropriato per questo faro aggrappato alla pietra che porta lo stesso nome, faticosamente costruito in mezzo al mare di Bretagna tra il 1867 e il 1881, un lasso di tempo lunghissimo, costellato di fatica, morte, dolore, isolamento ma anche di moltissime storie, tutte quelle che si portano dietro gli esseri umani.
L‘Inferno degli inferni è il nome, non certo amichevole, che gli hanno dato i vari guardiani che si sono avvicendati sul luogo: quindici giorni ognuno, poi qualcun altro a dare il cambio. Quindici giorni infernali, in balia degli elementi: del mare furioso che fa tremare le pareti, del vento che erode la pietra e di tutti i fantasmi che sbucano dal buio dell’isolamento. Quindici giorni che possono diventare anche venti, trenta, se le condizioni climatiche non permettono al nuovo guardiano di sbarcare.
La storia narrata in questo splendido fumetto, opera di Emmanuel Lepage, illustratore francese pluripremiato, inizia con un naufragio, quello della fregata imperiale Sané che si schianta sulle rocce della Chaussée de Sein: il tragico evento scatena il dibattito sulla necessità di dotare quel punto difficilissimo di mare di un faro. Nel tentativo di evitare altre morti, inizia una vera e propria lotta contro la furia della Natura e la violenza del mare e del vento.
Uomini testardi e coraggiosi si avvicendano sulla roccia, nel tentativo di portare la luce lì dove c’è ancora buio, morte e terrore. Ci riusciranno soltanto dopo anni e solo al prezzo di enormi sacrifici: da quel momento, Ar-Men diventa il simbolo della lotta tra Uomo e Mare, tra un’Umanità decisa a sfidare e piegare la Natura e quella Natura che non intende concedere sconti ai suoi figli.
Mentre il faro sorge fra l’urlo del mare e il rimbombare del vento, gli uomini raccontano a se stessi e agli altri. E così, fra le pietre cigolanti di Ar-Men, prendono vita le storie che Germain racconta a sua figlia per distrarla dalla paura: Gradlon re d’Armorica e il suo amore per la regina Malgven, la storia du Moizez e del Bag Noz, il vascello fantasma… così, da una storia all’altra, si arriva fino ai giorni nostri.
Ar-Men non racconta solo la vita di un faro e degli uomini che l’hanno costruito e poi abitato, ma è la dimostrazione che ciò che tiene vivi gli uomini tra una tempesta e l’altra, tra una guerra e l’altra, tra la nascita e la morte sono le storie.