La Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna è sempre una straordinaria occasione per fare molte cose utili e talvolta proprio necessarie, come ritrovare punti fermi della propria visione educativa e segnarseli sull’agenda, letteralmente, perché avevo con me una di quelle agende del Tiger, stampate male, non so se avete presente, comunque, ho preso appunti e ne è venuto fuori un breve, ma incisivo promemoria.
Non voglio tenermelo tutto per me, perché la prima delle cose che si imparano a Bologna è l’essere generosi: ci sono incontri, mostre, eventi in ogni angolo e a ogni ora, nessuno si risparmia, nessuno ha il braccio corto in fiera, si cerca di dare a pacchi, a quintali, e questo è il punto uno: ascoltare, vedere, toccare, muoversi, confrontarsi, ragionare, cambiare idea, cambiare sala, cercare stand… insomma, darsi da fare, cioè dare.
ore 9:30 Authors Café – Piccolo Blu e piccolo giallo. L’umano genio di Leo Lionni
Francesca Archinto racconta la storia di questo piccolo libro che sua madre incontrò, per la prima volta, a New York, nel 1959, e che rivide, tempo dopo, sulla scrivania di Giangiacomo Feltrinelli: il grande editore non poteva pubblicarlo, ma capì che era un libro giusto per Rosellina e la sua appena nata Emme Edizioni.
Piccolo blu e piccolo giallo (a cui Babalibri dedica una mostra, scaricabile dal sito della casa editrice, per i 60 anni dalla data di pubblicazione) vende ogni anno tra le 20 e le 25 mila copie, un vero long seller: come si fa a incollare a un libro le dita dei bambini di così tante generazioni? È quello che si chiede Ilaria Tontardini di Hamelin. I bambini possono trovare in Leo Lionni un elenco di luoghi, un elenco di tecniche, di modi, di possibilità infinite di esprimersi e dunque di essere. E in ogni storia, davanti a questa possibilità sempre aperta dell’esistenza, vi è la ricerca del sé, un fine processo di individuazione del personaggio.
Tutti i libri di Leo Lionni parlano di ricerca e di costruzione identitaria che si rende possibile solo nell’incontro con l’altro, e in Lionni l’alterità è anche mutamento di forma, di tecnica, di diverso approccio all’espressione.
La qualità assoluta di Piccolo blu e piccolo giallo sta anche qui, secondo Martino Negri, docente all’Università degli studi di Milano-Bicocca, nella mancanza di premeditazione, di intenzionalità precostituita che apre il senso al lettore: nel suo essere inconsueto e perturbante, il libro è in grado di interrogare il lettore e questa forza implica sempre la relazione, la interazione con gli altri.
Maria Cannata, ideatrice e curatrice del progetto fiaba musicale di Piccolo blu e piccolo giallo, racconta dell’esperienza fatta con i bambini, a partire dai tre mesi fino al primo ciclo di scuola primaria. Ecco, sembra proprio che i bambini siano raffinati ascoltatori, che seguano in maniera attenta il ritmo e i tempi delle pagine e delle note, e che, nella scelta di quali brani riascoltare, abbiano una memoria dell’ascolto che esige precisione da parte dell’adulto.
Il rispetto dell’orecchio e dell’occhio del bambino. Segnatevelo. Nelle relazioni fatte bene, c’è sempre questo rispetto, come anche nei libri fatti bene. Ricordo per esempio una versione scolastica dell’Iliade, dove mia figlia trovò la moglie di Ettore con gli stessi capelli, la stessa faccia e gli stessi vestiti della Dea Era, e mi disse: “Eh, no, questa non può essere la moglie di Ettore, questa è la moglie di Zeus.” E aveva ragione, avevano la stessa pettinatura, capelli e vestito dello stesso colore, solo che, quando lo feci notare alla maestra, lei mi disse che le “figure” nei libri non sono importanti. Passo e chiudo.
Promemoria, punto due: l’occhio dei bambini e l’orecchio dei bambini esigono rispetto, nelle relazioni come nei libri.
ore 10:30 Authors Café – Premio Strega Ragazze e Ragazzi: accorciare le distanze. Letteratura per grandi e letteratura per ragazzi, o più semplicemente letteratura?
Si poteva accorciare anche il titolo, a dirla tutta. Comunque, in questo incontro tra Beatrice Masini, Fabio Geda e Helena Janeczek si è parlato di qualità delle storie pervenute al Premio Strega Ragazzi. Sembra che gli autori italiani abbiano un problema di ispirazione, anche se la Masini sottolinea che il vincitore della prima edizione dello Strega, Fuori fuoco della Carminati, era un libro commissionato, ma nella misura in cui l’autore avesse potuto mettere qualcosa di significativo, altrimenti sarebbe caduto in itinere. Come mai, si chiede Geda (membro del comitato scientifico del premio), i libri degli autori italiani per ragazzi fanno fatica a reggere il confronto con la letteratura straniera? L’impressione è che questi libri nascano da occasioni stabilite a tavolino, ricorrenze, anniversari e fatti di cronaca, senza una vera urgenza narrativa ed espressiva.
Qui i miei appunti han fatto un po’ di salti, la questione della letteratura senza aggettivi è datata, sempre attuale, per carità, ma tra tutti i discorsi sul come scrivere per ragazzi e sul finto primato della letteratura per adulti, è nelle parole di Beatrice Masini che segno il terzo punto del mio promemoria: “Una volta dicevo: lascia che i ragazzi leggano qualunque cosa, purché leggano. Oggi non lo dico più, perché si crea affezione a un modello che poi non riescono più a scartare.”
Certamente il Premio Strega (quest’anno, nella categoria 6-10 anni, andato a Luca Doninelli con Tre casi per l’investigatore Wickson Alieni, Bompiani, e per la categoria 11-15 anni a Guido Sgardoli con The Stone. La settima pietra, Piemme) ha stimolato gli editori a fare sempre meglio per entrare nella rosa dei selezionati, ma i libri devono tornare a dare fiducia ai ragazzi che leggono senza il pensiero di addomesticarli, o guidarli con storie confezionate a tavolino. Si tratta di far capire che i ragazzi che leggono non sono sfigati, sono sfidati.
ore 11:30 Authors café – Silent Book. I libri senza parole come strumento di accoglienza.’
L’illustratore belga Klaas Verplancke mostra un suo albo edito da Fatatrac, Papà cuore di mela, che non è un albo interamente privo di testo, perché la prima difficoltà, dice, è convincere gli editori a fare libri senza parole. Questo, nel maggiore dei casi, significa fare opera di persuasione sul fatto che i genitori non sono così stupidi da non poter improvvisare un testo orale per raccontare la storia per immagini ai propri figli.
La gente ride, come di tutte le cose ovvie e serie che continuano ad essere ovvie, serie e inascoltate.
Klaas ripercorre alcune delle modalità espressive che mobilita nell’illustrare: un principio di trasformazione analogica delle immagini, il valore simbolico del colore, la funzionalità dello spazio proprio dell’oggetto libro, la sintassi della doppia pagina che diventa margine attivo, elemento di co-costruzione della storia.
Promemoria, punto quattro: vedere la passione di chi crea è fare esperienza della necessità di esprimersi individualmente, di esporsi e mettersi in gioco.
Il cuore dell’incontro batte infine a Lampedusa. Deborah Soria, responsabile per IBBY Italia del progetto Biblioteca di Lampedusa, racconta della straordinarietà di questo presidio e dell’insieme di grandi iniziative che hanno preso vita attorno ai libri e ai bambini che approdano dal mare. Silent book. Destinazione Lampedusa è biblioteca, mostre itineranti, selezione di silent book, realizzazione di camp di accoglienza sull’isola e molto altro. I silent book sono parte fondamentale di un progetto di accoglienza in cui il momento della lettura unisce, conforta, crea un sentimento di appartenenza: i libri vengono sfogliati senza aggiungere nulla, oppure possono essere raccontati, e in entrambi i casi le storie che raccontano non sono mai uguali a se stesse.
Il movimento inferenziale modifica la natura della storia in base al vissuto individuale di chi guarda, “i lupi diventano tigri”, dice Michela Tonelli, del Palazzo delle Esposizioni, e nell’appropriarsi della storia, nella triangolazione significativa tra chi legge, chi guarda e ascolta, e la narrazione, si realizza una comunità della quale si garantisce, nell’immediato, la tutela.
I libri vengono letti in modo sperimentale con la lingua dei segni, vengono attraversati con gesti ed emozioni coinvolgendo il corpo nella sua totalità. C’è qui un richiamo importante alla natura relazionale del corpo, a quell’inciampo dell’altro che si fa voce, come scriveva Milena Bernardi in Infanzia e fiaba, il corpo vivo dell’altro salva il mio, di corpo, la voce e lo sguardo dell’altro implicano la possibilità della mia voce e del mio sguardo, e così si torna a parlare di rispetto, di relazione vera.
Promemoria punto cinque, praticamente il mantra di tutta la mia vita professionale e non: esserci, per fare in modo che anche l’altro ci sia.