Tomi Adeyemi, Figli di sangue e ossa, Rizzoli
Figli di sangue e ossa ha alcuni pregi e, a mio avviso, diversi difetti: fra i pregi c’è sicuramente quello di abbandonare i consueti standard letterari del genere fantasy per ispirarsi a una cultura antichissima e caratterizzata da una mitologia e un folklore affascinanti: quella africana. Amo l’Africa, amo la sua storia, la amo profondamente pur non essendoci mai stata e leggere di una storia fantasy ambientata in un mondo d’ispirazione africana non poteva che piacermi. L’altro pregio è il tema dell’uguaglianza e del riscatto di un popolo martoriato che l’autrice, afro-americana, porta avanti: idee attualissime, che s’ispirano a una storia tristemente recente e a noi vicinissima, quella del popolo africano, appunto, ma in cui si può leggere il triste inferno attraversato dalle molte popolazioni perseguitate della storia. La storia è ambientata in un mondo in cui un tempo esisteva la magia ed era in possesso di alcuni individui potentissimi, i maji. Un re malvagio, però, li ha sterminati, li ha privati della magia, li ha ridotti a vivere come larve e ora quel popolo è in catene, ha perso i suoi poteri, le capacità che aveva un tempo, quelli che prima erano maji, individui temuti e rispettati, oggi sono larve, poco più che insetti, individui senza speranza e senza futuro. Fra questi c’è Zélie, una delle voci narranti della storia: le altre due sono i figli di quel re malvagio che ha sterminato i maji, cioè Inan, il principe ed erede al trono, e Amari, sua sorella. La storia prende piede nel momento in cui Zélie, costretta dalle circostanze, deve fuggire, assieme a suo fratello e proprio alla principessa Amari, mentre Inan li insegue desideroso di compiacere il re suo padre e mostrarsi degno della sua figura e, allo stesso tempo, di combattere contro la maledizione che sembra averlo colpito: è un maji, cioè ciò che odia di più al mondo. Parlavo dei difetti di questo libro: uno fra i tanti è che, sulla carta, doveva essere un romanzo ricco di azione e colpi di scena, ma ho trovato invece il ritmo piuttosto lento, addirittura noioso in certi punti, tanto che ho perso interesse nella lettura più volte. L’altro grave difetto è la costruzione dei personaggi, sulla carta tutti buoni personaggi, Zèlie arrabbiata, Inan diviso tra il dovere e l’amore, Amari spaventata ma desiderosa di combattere… e invece le loro voci sono risultate fiacche, il loro background non abbastanza approfondito. Non ho provato empatia per nessuno di loro, anche per questo ho fatto fatica ad andare avanti. Si tratta del primo volume di una serie, per cui c’è ancora tempo per approfondire e comprendere meglio i personaggi, ma alla fine di più di 500 pagine posso dire che Figli di sangue e ossa non mi ha del tutto convinto. Vedremo coi prossimi.