Judith Kerr, Una foca in salotto, Rizzoli
Che cosa fareste trovando un cucciolo di foca orfano su uno scoglio in mezzo al mare? Con molta naturalezza, Judith Kerr apre a quella foca le porte di una casa, come se fosse il gesto più semplice del mondo, in Una foca in salotto, romanzo breve di cui è autrice e illustratrice.
Pur avendo pubblicato recentemente albi illustrati, come My Henry (2011) e The Great Granny Gang (2012), entrambi inediti in Italia, il 2015 ha segnato il ritorno in libreria con un romanzo – in questo caso illustrato –, dopo 37 anni dal 1978, anno di A small person far away, dell’autrice nata in Germania ma naturalizzatasi britannica.
Quando Hitler rubò il coniglio rosa e La stagione delle bombe sono i due romanzi, veri e propri classici moderni, più noti dell’autrice in Italia, dove – utilizzando in parte la propria autobiografia – l’autrice racconta l’ascesa al potere del Nazismo negli anni ’30 dal punto di vista di una bambina. Nel 1933, infatti, Judith fu obbligata a lasciare la Germania con i suoi genitori e il fratello perché il padre, noto critico teatrale, Alfred Kerr, era ricercato dalle autorità naziste, spostandosi in Svizzera, in Francia e infine nel Regno Unito; già un classico si può anche considerare un’altra recente pubblicazione, tra i libri finalisti al Premio Andersen 2017 nella categoria Miglior libro 0-6 anni, Una tigre all’ora del tè, suo celebre e amatissimo albo illustrato, edito nel 1968 ma arrivato in Italia solo nel 2016 con Mondadori.
Una storia di famiglia
Considerando la data di nascita della scrittrice (1923) e facendoci due conti (nel 2015, anno di pubblicazione del libro, aveva 92 anni), sentiamo che qualcosa di molto personale deve esserci nella tenerezza e nella punta di nostalgia che caratterizzano il personaggio principale di Una foca in salotto.
Come si legge nella Postfazione dell’autrice, il romanzo deve molto alla sua infanzia, la storia raccontata infatti – pur avendo dell’incredibile – è legata a una vicenda reale, riguardante una piccola foca imbalsamata nello studio del padre a Berlino:
Quando interrogai mio padre in proposito, mi disse che un tempo quell’animale aveva vissuto su un balcone.
Qualche anno dopo, ormai rifugiati in Inghilterra, il padre aveva spiegato alla figlia la storia di quella foca, trovata in Normandia quando era ospite di un pescatore che aveva sparato per errore a una foca in compagnia del suo cucciolo. Per evitare che il cucciolo fosse ucciso, il padre era arrivato a prenderlo con sé, portandolo in città e tenendolo a casa, in bagno e sul balcone, facendo del suo meglio per nutrirlo e prendersene cura. Certo, “l’adozione” della foca da parte del padre ebbe un esito più triste rispetto a quella del romanzo, ma questo è anche il bello della scrittura, della fantasia e delle direzioni diverse che possono dare alla realtà.
Mister Albert Cleghorn e la sua foca
Protagonista del romanzo è Mister Albert Cleghorn (il titolo originale del libro infatti è Mister Cleghorn’s Seal), un uomo che, dopo aver venduto il suo negozio, si ritrova a pensare con nostalgia a quando le sue giornate erano riempite dal lavoro e dagli incontri che questo comportava: il ragazzo che prendeva i giornali da distribuire la mattina presto, i viaggiatori mattinieri che passavano dalla sua bottega prima di andare in stazione, i bambini che correvano lì per le caramelle all’uscita da scuola…
Di tutto ciò, ora non gli resta che osservare la vita che si anima per le strade dall’alto del suo balcone, ma un giorno riceve una lettera da un cugino che lo invita ad andarlo a trovare e, per la prima volta, si ritrova, libero, a pensare: perché no? E così parte.
In stazione, l’accoglienza del cugino William e del nipote Tommy di dieci anni è calorosa e fa sparire in Mister Cleghorn ogni dubbio riguardo il suo viaggio; così anche l’arrivo in casa con la moglie di William e altre due bambine e un neonato lo fa sentire subito a casa.
Sin dal primo giorno, durante le chiacchiere dell’ora di cena, scopre poi l’esistenza di un cucciolo di foca, la madre gli dà da mangiare ma lo lascia solo quando va a pescare. Incuriosito Mister Cleghorn chiede di poter vedere il cucciolo e durante le vacanze torna spesso a trovarlo, fino a quando non si accorge che qualcosa non va e nasce il dubbio che la madre del piccolo, probabilmente vittima di un pescatore, non tornerà più a prendersi cura di lui, destinandolo così a sicura morte perché troppo piccolo per nutrirsi da solo.
Il cugino William vuole uccidere il cucciolo per evitargli sofferenze ma qualcosa si accende nel cuore di Mr Cleghorn che decide di prendere la foca con sé per consegnarla poi a uno zoo vicino casa sua.
Dal mare al salotto
Comincia così un’avventura quasi irreale e al tempo stesso normalissima: il viaggio in treno, le difficoltà nel nascondere la foca al portiere (che non perde occasione per ricordare agli inquilini che sono vietati gli animali negli appartamenti), le difficoltà nel trovare alla foca una nuova sistemazione, gli sforzi per nutrirla in modo adeguato…
Ben presto Mr Cleghorn non sarà solo, complice nel nascondere il “nuovo inquilino” sarà la vicina Miss Millicent Craig, il cui padre era veterinario e che, anche per questo motivo, saprà dargli molti consigli utili sulle foche. I due, pur vivendo l’uno sopra l’appartamento dell’altra, non si conoscevano ma il prendersi cura della foca diventa, pian piano, un prendersi cura anche l’uno dell’altro, con discrezione e dolcezza.
Una foca in salotto è una storia illustrata che, come i suoi protagonisti, sembra arrivare da un tempo lontano, per la delicatezza, per i toni pacati e per il tocco leggero che si riflettono sia nei testi che nelle immagini. Il riferimento al tempo lontano non la rende antica, anzi, come in un tempo sospeso vien voglia di alzare lo sguardo e scorgere, sopra qualche balcone, una pinna che sbatte in segno di saluto.