Marie-Sabine Roger, Laurent Simon, Il terribile mostro blu, Edizioni Clichy
Le storie sono quello che ne facciamo. Una volta che l’autore le rilascia nel mondo, il lettore gode del piacere di plasmarle a sua immagine e somiglianza. Più lettori lo fanno con godimento, più una storia risulta universale, più una storia è universale, più entra di diritto nell’olimpo delle belle storie.
Questo vale ancora di più nella letteratura per l’infanzia, dove le impalcature narrative sono ridotte all’osso in virtù di un’inversamente proporzionale libertà del giovane lettore di immaginare.
Questa piccola premessa era necessaria per introdurre il libro che io ed Eva abbiamo appena letto insieme: Il terribile mostro blu, pubblicato da Edizioni Clichy, di Marie-Sabine Roger e Laurent Simon.
Infatti io non ho ben capito che cosa è questa storia… o meglio, mi sembrava di averlo capito, poi però Eva mi ha detto che è tutt’altro.
Mi ha detto che è una storia su dei ragazzi monelli che hanno chiuso un cane in un sacco della spazzatura azzurro per un motivo che non capiva troppo bene.
“Ah ok, Eva, io pensavo fosse una storia sulla paura e su come è molto più facile cederle piuttosto che agire con tenerezza e ignorarla”, le ho risposto lasciandola del tutto indifferente.
Poi però è subentrato il papà, che mi ha detto che ha più ragione Eva e ha aggiunto un altro aspetto che non avevo considerato: “È una storia sulla noia, che è anche il movente che sfugge a Eva”.
Un libro-specchio
Se devo tirare le conclusioni posso dire solo una cosa: Il terribile mostro blu è un libro-specchio. Sapete perché? Nella mezz’ora in cui ce lo siamo letto è riuscito a captare il vero riflesso dei tre lettori, in una volta tre riflessi diversi e profondi. Lo specchio vero ci fa vedere i capelli rossi, gli occhioni verdi, la barba e i baffi, lo specchio-libro ci fa vedere dietro queste caratteristiche e ha sempre ragione!
Eva è molto affezionata a Volpe, lo spaurito cane dei nonni, che le fa spesso compagnia. Io ho molto spesso paura e ne ho avuta tanta da piccola, mentre il papà è un tipo che deve sempre pensare a qualcosa sennò si annoia subito e si mette a mangiare patatine.
Che dono che ci ha fatto questa storia alla fine! Ci ha parlato di noi e ci ha detto che tutti e tre quei riflessi sarebbero ancora più belli con un contorno di tenerezza, che è poi la via di uscita di questa storia di ordinari perché dalle risposte scomode.
Leggetelo: va bene (per me) già dai tre anni, le illustrazioni sono semplici e dirette, splendido anche il rapporto tra la quantità di parole presenti in pagina e il disegno, che favorisce al meglio la durata dell’attenzione del piccolo lettore.