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La ragazza dei lupi

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ragazza lupi

Katherine Rundell, La ragazza dei lupi, Rizzoli

Marina e Feodora (Feo) sono madre e figlia, vivono da sole nei boschi, in una casa costruita con il legname raccolto attorno all’abitazione. Vivono da sole ma in realtà non sono mai sole, Marina è una soffialupi e la figlia segue la sua strada.

Ma chi è un soffialupi (o Wolf Wilder, come nella definizione che dà il titolo alla versione originale del libro di Katherine Rundell)? La spiegazione la troviamo in una nota iniziale di La ragazza dei lupi (Rizzoli): un soffialupi è l’esatto contrario di un domatore o di un addomesticatore.

Un soffialupi all’apparenza sembra una persona normale, ad occhi attenti però sul suo corpo vi sono tracce della sua attività:

 “Certo, ci sono degli indizi: è assai facile che manchi loro un pezzo di dito, il lobo di un orecchio, una o due dita dei piedi. Consumano le fasciature pulite come il resto del mondo consuma i calzini. Hanno addosso un vaghissimo odore di carne cruda”.

Siamo nella fredda Russia occidentale, con bande di mercanti sempre alla ricerca di cuccioli di lupo appena nati, per rivenderli poi a nobili e facoltose famiglie a San Pietroburgo: avere un lupo porta fortuna e in casa i lupi vivono in una prigione dorata, sono addestrati a restare seduti immobili, mangiano tanto e si muovono poco, così ingrassano e si muovono (quel poco che si muovono) trascinandosi o barcollando. Un lupo però è diverso da un cane, vivendo segregato finisce per impazzire e azzannare all’improvviso qualcuno. A questo punto, che cosa succede ai lupi troppo pericolosi per la vita di salotto? Uccidere un lupo è considerato di malaugurio, a un livello molto oscuro e profondo (“Se uccidi un lupo, raccontano, la tua vita comincia a svanire”), così gli animali vengono mandati, tramite i maggiordomi, ai soffialupi. Un soffialupi, quindi, restituisce a un lupo la sua libertà. Gli insegna a ululare, gli restituisce il coraggio e la diffidenza nei confronti degli uomini. Amica dei lupi ritorna ad essere la terra dove erano nati, seppur ostile (“dura e viva, esattamente come loro”).

Marina e Fedora stanno bene insieme e hanno bisogno di poco, vivono con una diffidenza nei confronti degli altri uomini simile a quella dei lupi, la madre ha messo la sua esperienza a piena disposizione della figlia, Feo ha appreso il rispetto nei confronti dei lupi e ha guadagnato il loro rispetto.

Un giorno, però, qualcuno bussa alla porta della loro casa: due giovani soldati trasportano il corpo di un alce morto; insieme a loro c’è un uomo molto più vecchio: il comandante dell’esercito imperiale dello Zar a sud di San Pietroburgo, il generale Rakov. Segnatevi il suo nome: sarà lui a stravolgere la vita di Feo, di Marina, dei lupi a loro cari (e non solo).

Rakov contesta a Marina l’uccisione dell’alce ad opera dei “suoi” lupi ed esige un rimborso, ma madre e figlia non hanno denaro e, anche tra gli oggetti in casa, non hanno nulla di valore.

Rakov minaccia la madre di portar via la figlia, si aggira per la casa come un padrone, non dandosi pena di distruggere oggetti cari poi, soprattutto, prima di andar via minaccia di tornare nel caso di altri attacchi: d’ora in poi i lupi che arrivano da San Pietroburgo dovranno esser uccisi, pur dicendo ai vecchi padroni di aver restituito loro la libertà.

I lupi, però, non sono di proprietà di Marina e di Feo, né queste vogliono che lo siano, e così lo scontro con Rakov sarà inevitabile.

Quando la madre è portata via per essere processata, Feo si ritrova sola con i lupi, Bianca, Grigia, Nero e un piccolo cucciolo appena nato. A loro si unisce un giovanissimo soldato, incuriosito da Feo e dai lupi, tanto da andare contro agli ordini ricevuti e da passare, quando giunge il momento di scegliere, dalla loro parte. Lui si chiama Ilya e la sua passione vera è la danza.

Feo deve andare a Pietroburgo per salvare la madre, alle calcagna ci sarà sempre Rakov con i suoi soldati. Più ci addentriamo nella fredda Russia, più il vecchio generale si dimostra irragionevolmente crudele e pazzo. E non solo Feo e la madre sono vittime della sua crudeltà, ma in pochi hanno il coraggio di Feo.

Feo dovrà imparare a fidarsi degli uomini, per lei non sarà facile, conosce bene i lupi, i loro ululati, la loro pelliccia folta, l’energia nella corsa, la forza e la debolezza in una lotta impari come quella contro le armi.

Gli uomini, invece, sono tutta un’altra cosa.

Saranno i bambini i primi a meritare la fiducia di Feo, loro ancora istintivi e coraggiosi, come tanti piccoli lupi in un branco compatto, sono i primi ad alzare la testa per riprendere in mano la loro vita. Il coraggio, poi, è contagioso e il suo calore si diffonde velocemente e quasi scioglie la neve più fredda.

Katherine Rundell è passata dai tetti di Parigi alle lande selvagge e imbiancate della Russia, in entrambi gli scenari pur non essendoci bacchette magiche o polvere di stelle, c’è sempre un po’ di magia tra le sue parole e i suoi personaggi. Un romanzo dall’ampio respiro, dove è protagonista il coraggio, accompagnandosi a una riflessione sulla libertà, una libertà a cui a volte bisogna quasi essere rieducati, così come fa Feo, quando restituisce ai lupi, abituati a una calda e comoda vita da salotto, tutto ciò che il loro istinto non aveva comunque mai dimenticato.

In copertina e all’interno, le illustrazioni di Gelrev Ongbico.

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