Vincent Cuvellier, La zuppa dell’Orco (illustrazioni di Andrea Antinori), Biancoenero Edizioni
Fa freddo nel paese dove vive Josef, soprattutto quando cade la neve e il sole si fa vedere solo per poche ore al giorno. Ma ci sarà il calore familiare a scaldare i cuori?
Non sempre, almeno non nella famiglia di Josef, che vive nella casa più povera del quartiere più povero della città più povera. Ma a non scaldare i cuori sono soprattutto i suoi genitori, dall’aspetto poco gentile e accogliente: il padre lungo e giallo non lavora perché si stanca facilmente, la madre, grassa e rossa, non lavora perché non ha tempo (anche se il suo tempo sembra impiegarlo soprattutto per sbraitare).
La ricchezza di Josef sono i suoi sei fratelli con i quali ogni giorno è cacciato fuori casa, per andare nei quartieri ricchi della città a chiedere l’elemosina, mostrandosi miserabili il più possibile per impietosire e guadagnare qualche moneta in più.
Al ritorno a casa, la sera, le tasche sono svuotate dalla madre che, se soddisfatta, offre loro qualcosa per cena oppure li lascia a digiuno, come succede una notte a Josef che ha la pancia così vuota da non riuscire a prender sonno.
Così, mentre cerca di andare in cucina per rubare un pezzo di prosciutto, si ritrova ad ascoltare la voce dei genitori che si lamentano: i figli non sanno mendicare, così finiranno per costringerli a lavorare, impensabile!
Allora la madre ha una illuminazione: i bambini non portano abbastanza denaro a casa perché non sono abbastanza miserabili. Ecco allora la soluzione: a un figlio taglieranno un braccio, a una figlia le gambe, a un’altra i piedi… E a Josef? A lui, il più piccolo e più scaltro, bisognerà, per primo, cavargli gli occhi subito, al risveglio.
Per fortuna Josef è davvero piccolo e scaltro, così, complice una grande e partecipe luna, il giorno dopo non si farà cogliere impreparato.
Dato che l’avidità della madre non sembra trovar mai pace, Josef metterà a conoscenza i suoi fratelli e sorelle delle macabre intenzioni di cui sono oggetto e tutti insieme riusciranno a ingannare i genitori (tanto avidi quanto stupidi) e a fuggire.
Ma dove possono andare sette bambini soli e senza un soldo? E se finissero di male in peggio?
Così sembrerebbe quando arrivano a casa dell’Orco, ma si tratta di un orco un po’ caduto in disgrazia, ben diverso da quello incontrato da Pollicino (che con Josef condivide il fatto di essere il più piccolo e il più scaltro di sette fratelli): anche quest’Orco è gigantesco e sente l’odore di carne fresca, se ne ciberebbe con piacere ma, sempre Josef, ha pronta una via di uscita.
Tra tradizione e ironia Vincent Cuvellier, che ci ha emozionato tutti con La prima volta, pubblica La zuppa dell’Orco per la prima volta con Biancoenero Edizioni (con cui ha già pubblicato diversi libri, li trovate qui), ci fa venire voglia di storie al riparo, davanti al camino, mentre fuori cade la neve, spaventandosi un po’ ma certi che alla fine si vivrà (più o meno) felici e contenti.
Le illustrazioni di Andrea Antinori, che abbiamo già incontrato nell’antologia Dalla terra alla tavola, ci portano in boschi oscuri dove tanti e diversi occhi ci osservano, gli occhi azzurri di Josef spuntano da un sottoscala buio, anche sulla faccia della luna due occhi azzurri osservano tutto e fanno l’occhiolino se necessario per sentirsi meno soli. Se i colori predominanti sono il grigio e il nero, l’uso di colori primari riscalda e accende le scene, dal rosso delle chiome dei sette fratelli al blu delle chiome di un albero al giallo dei pigiami e delle monete d’oro.