Di persone come la signorina Spezzindue non ce ne sono molte, ma a tutti, una volta nella vita, capita di incontrarne una. Nella perfida direttrice della scuola di Matilde si riconoscono i tratti degli insegnanti bacchettoni di Roald Dahl e in particolare della Sorvegliante della St. Peter’s School, di cui lo scrittore inglese racconta nell’autobiografico Boy, storia della sua infanzia e adolescenza.
Per me invece, la Spezzindue, così spaventosamente cattiva da usare i bambini per allenarsi al lancio del martello olimpionico e poi chiuderli in uno sgabuzzino pieno di chiodi chiamato Strozzatoio, è la copia esatta della signora Silvana, la cuoca della mensa dell’asilo dove andavo da bambina, una donna-armadio contraddistinta da una grazia pantagruelica.
“La signorina Spezzindue non camminava mai, marciava come un soldato dei battaglioni d’assalto, a lunghi passi, dondolando ritmicamente le braccia; quando avanzava nei corridoi il rumore dei suoi passi la precedeva, e se per caso un gruppo di bambini capitava sulla sua strada, si apriva un varco tra loro come un carro armato, facendoli volare a destra e a sinistra”.
Proprio l’odiosa Spezzindue sarà una delle vittime degli scherzi architettati da Matilde, piccola prodigiosa monella protagonista del libro di Roald Dahl, pubblicato in Italia nel 1989 da Salani ne “Gl’Istrici”, con le illustrazioni inconfondibili di Quentin Blake, e noto anche nell’edizione cinematografica “Matilda 6 mitica” del 1996, per la regia di Danny De Vito. Bimba dal QI mostruosamente elevato, Matilde è continuamente vessata dalle corbellerie di adulti imbecilli che non comprendono la sua genialità e ostacolano la sua passione smodata per i libri.
“Papà, mi compreresti un libro?”
“Un libro? E per che cavolo farci?”
“Per leggerlo.”
“Diavolo, ma cosa non va con la tele? Abbiamo una stupenda tele a ventiquattro pollici e vieni a chiedermi un libro! Sei viziata, ragazza mia!”
Che ai monelli piaccia leggere non è un fatto così strano, ve lo ricordate Gian Burrasca quando leggeva tutto d’un fiato i romanzi di Salgari? Beh, Matilde ha una marcia in più: ha imparato a leggere a 3 anni e a 4 ha divorato tutti i libri della biblioteca, prima quelli della sezione ragazzi e poi i maestri della letteratura come Dickens, Hemingway, Conrad, sotto la sguardo sbalordito della signora Felpa, la bibliotecaria.
Peccato che la sua precocità intellettiva non sia minimamente calcolata, visto che i suoi genitori, il signore e la signora Dalverme, nutrono per Matilde “la stessa considerazione che si ha per una crosta, cioè per qualcosa che si è costretti a sopportare fino al momento in cui la si può grattar via, eliminandola con un colpetto delle dita”.
Il padre, re dell’automobile usata, è un truffatore di professione, impegnato a inculcare i segreti del mestiere al figlioletto Michele; la madre, una desperate housewife dai capelli biondo platino esito di tinte fai da te, passa le sue giornate nella sala da bingo cittadina per poi rincasare e mangiare cibi precotti davanti alle sue telenovelas preferite. Un quadretto familiare orribile e inevitabile origine della rabbia di Matilde, che troverà sfogo in qualche piccola esilarante vendetta soprattutto ai danni del signor Dalverme.
La sua grande intelligenza, poco sfruttata in prima elementare, le uscirà dagli occhi trasformandosi in un misterioso potere che le consentirà di spostare gli oggetti con il pensiero e che, alla fine, la farà trionfare sulla signorina Spezzindue, con il supporto della deliziosa maestra Betta Dolcemiele, unica vera amica di Matilde, tanto che Antonio Faeti definisce il libro “la poeticissima storia dell’amore di una bimba per la sua maestra che è una ragazza molto povera, molto solitaria, molto perseguitata” e invita a studiare Dahl “tenendo conto anche della sua componente patetica, non sono di quella spassosa, irridente, carnascialesca”.
Le folli trovate di Matilde e la sua solida cultura, oltre a essere un’implicita propaganda per la lettura, sono un elogio al potere della fantasia contro i soprusi dei grandi. Dahl usa l’ironia per instillare coraggio. I piccoli protagonisti delle sue storie, spesso orfani (lo stesso scrittore inglese era rimasto orfano di padre all’età di tre anni), devono essere forti per affrontare la vita e vincere la crudeltà degli adulti: la saggia Sofia del GGG, l’abile Luke protagonista delle Streghe, il modesto Charlie della Fabbrica di cioccolato.
D’altra parte, ha detto Dahl in una vecchia intervista, “viviamo in un mondo feroce. I bambini devono lottare per farsi strada… Amano vedere i cattivi fare una brutta fine. Non si può essere troppo sottili”.