Approda al porto di Orecchio Acerbo la Nave dei folli di Marco Taddei e Michele Rocchetti e lo fa con Brandano, un capitano un po’ Ulisse un po’ eroe picaresco, specialista nello schiacciare pisolini, che ha fatto un sogno rivelatore: la terra non è piatta come un tappeto, ma tonda come una botte. Dal villaggio di Saggionia, Brandano parte all’avventura con un vascello bucato e una ciurma di reietti da tutti considerati folli così composta: Calcippa, pelatore di cipolle; Mordacchio, zufolatore di pollici; Prigola, bestemmiatore aggraziato; Narrone che di notte dice di trasformarsi in upupa, Carpalin che cerca di spiccare mele dall’albero maestro e altri matti d’ogni tipo che stavano sotto il flagello di Morello, maestro di ponte.
Di avventura in avventura, diretti verso Oriente, giungono in terre inesplorate, incontrano draghi, Kraken, monti alla fine del mondo e fanciulle sapienti come Porfiria figlia del re dell’Isola dei Sonnambuli che s’imbarca clandestina sulla Nave dei folli perché vuole conoscere il mondo e non ne può più di vivere in quell’isola di morti di sonno. Porfiria, tra l’altro, si rivela molto utile a quella ciurma di strampalati, infatti insegna loro a riconoscere le costellazioni e ad orientarsi grazie ad esse. Il viaggio non si arresta neanche quando, raggiunte navigando le viscere della terra, arrivano all’inferno. E come si esce dall’inferno? A piedi e salendo scale per giorni e giorni fino ad arrivare… indovinate un po’? Proprio vicino casa, accolti con tutti gli onori dagli increduli abitanti di Saggionia.
Un libro sull’originalità della diversità, sull’accettazione dell’altro e dell’altrove, sull’apertura e sulla scoperta. Abbiamo bisogno, in questo periodo più che mai, di libri come questi, che ci insegnano che un clandestino può essere una risorsa e che nei folli c’è sempre un po’ di genialità. Le illustrazioni e il linguaggio usato, poi, richiamano a un mondo antico e fiabesco, un mondo perfetto per una nave di folli.