Come potete vedere dai giochini presenti nell’immagine qui a fianco, in casa mia c’è una bimba e – lo capirete dalle portantine sullo sfondo – tre amici pelosi, tre gattini per essere precisi.
Povero Winston (Giralangolo) parla dell’altra famiglia di animali domestici, i cani, ma non importa perché il succo è lo stesso: sono tutti compagni di gioco e quotidianità di cui bisogna prendersi cura.
Grazie alla storia scritta da Pamela Duncan Edwards ho capito che l’istinto alla cura nei bambini è qualcosa di serio e preponderante: abituati come siamo a proporre loro tutti i possibili modelli dell’essere adulto, dalla mamma al dottore, dallo scienziato all’astronauta, dal carpentiere al pittore, non ci accorgiamo quando una professione o un atteggiamento di vita fa più presa degli altri. Registriamo le reazioni che ci aspettiamo e passiamo al prossimo stimolo per fare lo stesso.
La mia piccola Eva di due anni e mezzo, catturata subito da una storia su un cagnolino triste e invogliata, tanto davvero, dalle illustrazioni di Benji Davies (le hanno definite “cinematografiche” e l’aggettivo calza a pennello!) che riempiono la pagina completamente, in un coinvolgente ma lucido trionfo di colori vivi senza essere abbagliati, mi ha mostrato con questa lettura di quanta compassione può essere capace.
Ci è bastato arrivare a pagina 3 (quella sopra) per esclamare un “Oh, oh, bacio bua!”. Sapete che per i piccini i baci hanno davvero un valore terapeutico? E davvero dopo “un bacino e passa tutto” hanno una percezione del dolore inferiore a quella provata fino a poco prima? Beh ecco, noi siamo arrivati a baciare la pagina di un libro per rendere la lettura di un malessere più tollerabile!
Non è che Winston, il protagonista, soffra davvero moltissimo, è più un cane lamentino che riesce a concentrarsi solo su se stesso e non sugli amici che incrociano la sua strada, ai quali capita ben peggio di avere una spina nella zampa. Ma quando ci si vuole lamentare si sa, vale tutto, dalla spina, al dentino che balla, alla sala d’aspetto piena, il problema non è tanto quello che succede, ma come lo vediamo.
Una lezione sulla percezione proprio da grandi, è vero, ma data l’importanza fondamentale che ha e avrà nell’esistenza futura dei piccoli (e di tutti noi!) tanto vale iniziare presto. Poi la storia di Winston è una vera e propria matrioska: si inizia a giocare e a divertirsi subito, non bisogna arrivare al punto per godersela, si tratta di una narrazione continua e su infiniti livelli, per questo motivo godibilissima da molti punti di vista e, parlando di quello anagrafico, il libro è adatto – per me – a una fascia di lettura amplissima per età.
Concludo con una piccola perla, di quelle che sono fermamente convinta facciano la vera e sostanziale differenza nello sviluppo della personalità: tra i tanti amici sfortunati di Winston, che si fanno male a causa di una varietà di calamità, c’è anche Sophie. L’adorabile cagnetta non si fa male fisicamente, ma subisce una serie di pesanti spaventi allo zoo e dunque, una volta dal veterinario, la cura sarà quella di una tazza calda e una bella chiacchierata con il dottore.
Insomma, che la sofferenza emotiva venga annoverata senza tanta fanfara e differenza tra le malattie dalle quali bisogna riprendersi e guarire è qualcosa di molto bello, assai legittimizzante: va bene avere paura, va bene essere tristi e va bene viversela, facendo qualcosa a riguardo. Il guaio è proprio quando si fa finta di nulla… e nessuno si sognerebbe di fare finta di nulla per un braccio rotto, ad esempio!