Abbiamo incontrato Jennifer Niven, l’autrice di Raccontami di un giorno perfetto, che proprio lo scorso fine settimana ha vinto il premio Mare di Libri, l’unica riconoscenza letteraria Italia in cui a decidere sono solo i ragazzi, grazie a una giuria tra i 14 e i 16 anni e un comitato organizzativo volontario che spazia dagli 11 ai 18 anni.
Se la prima regola del premio è “Non possono esserci argomenti tabù” nella letteratura per giovanissimi, allora questo libro è perfetto: una coraggiosissima prova contro lo stigma della depressione, del lutto e del suicidio tra gli adolescenti e non solo. Premiato in qualità di “Inno alla vita”, il romanzo young adult, parlando delle esperienze più estreme di dolore, riesce a far brillare la vita dei suoi colori più nitidi, restituendo proprio all’esistere il suo senso più pieno.
Ma facciamo un passo indietro: abbiamo incontrato e chiacchierato con l’autrice il 17 giugno, alla vigilia del suo appuntamento riminese, nella sede meneghina della casa editrice che l’ha pubblicata, la De Agostini. All’appuntamento c’era un ristretto gruppo di blogger e una distesa di fan ha potuto osservare la diretta via social media, facendo le proprie domande a Jennifer Niven servendosi dell’hashtag #chiediloajennifer.
Si è disquisito a lungo con l’autrice, che ci ha subito annunciato come la storia di Violet e Finch stia per diventare una grossa produzione cinematografica, con Elle Fanning nei panni della protagonista femminile, un Finch ancora da trovare e l’inizio delle riprese fissato per ottobre. Una conferma all’universale validità e immediatezza di questa narrazione impavida perché giunge dritta al cuore, lo spezza e poi non lo ricostruisce, nel mentre però ti fa capire tanti meccanismi e ti risparmia altrettante illusioni, riesce insomma nel ciclopico intento di dipingere la struttura portante dell’esistenza come una montagna russa di emozioni, di alti e bassi che si compenetrano e ne formano la tessitura, la quale senza i nodi più duri e difficili da scogliere, non si terrebbe insieme.
Come scioglierli questi nodi se non parlandone? Se non lisciandoli con parole, sensazioni, aneddoti, esperienze di gioie e di sbagli che fungono da collante tra le maglie dei giorni che scorrono? Violet era felice quando la perdita di sua sorella ha squassato la sua quotidianità, Finch invece era forse ancora troppo giovane quando le cose non si sono messe bene per la sua famiglia, con un padre che la abbandona e una madre inesistente, tanto che il ragazzo sviluppa una forma depressiva, che lo porta spesso a pensare al suicidio. Orde di sentimenti, un denso vissuto compresso in due cuori così acerbi, così scalpitanti, che non appena s’incrociano, non possono fare altro che agganciarsi l’uno all’altro in una storia d’amore autentico, sebbene lontana dal risultare la panacea salvifica da tutti i mali.
L’autrice, ci ha spiegato, ha usato la leva del proprio dolore personale al fine di trovare la forza, la motivazione e – lasciatemi dire – l’impressionante lucidità per raccontare una storia delicata e per decidere di comunicarla a lettori adolescenti, essi stessi così delicati eppure così bisognosi e desiderosi di strumenti per guarire le proprie ferite o magari di attrezzarsi per quelle future.
Jennifer è adamantina in proposito: scrive per i ragazzi perché sono l’audience più aperta, che si mette in discussione, che ha l’umiltà per arrivare a tanto, ancora senza pregiudizi radicati, che chiede molto, ma restituisce di più. Il suo pubblico le sta così a cuore che fornirgli gli strumenti emotivi – e, scrivendo libri, anche culturali – per affrontare il futuro, nel quale inevitabilmente sperimenterà almeno una perdita e una buona fetta di sofferenza, è una vera e propria missione, soprattutto in un momento storico in cui gli adulti, e quindi i genitori, non brillano per presenza e attenzione nei confronti delle nuove generazioni.
Un libro imperdibile per gli YA di oggi, un esperimento coraggioso, virtuoso e perfettamente riuscito, per cui anche gli adulti dovrebbero essere grati!