Non troviamo nessun “Caro diario”, ma “Questo diario è una cretinata”, all’inizio di Diario di Sunita, di Luca Randazzo (Rizzoli), così, già dalla prima pagina, sappiamo che avremo davanti la voce schietta e sincera di una bambina, Sunita appunto, alle prese con quello che nasce come un obbligo scolastico (“È un’idea della mia maestra per farmi scrivere”) per poi diventare, giorno dopo giorno, strumento di confidenza, di racconto e di ascolto di se stessa, dove tra le righe riusciamo a leggere anche ciò che a volte difficilmente confessiamo a noi stessi (“Io non me lo ricordo proprio che piangevo, anche perché non piango mai”).
Ricordate il vostro diario dei dieci anni (se anche voi ne avevate uno)? Probabilmente vi troverete molto di ciò di cui scrive Sunita: i problemi con la matematica e la classifica delle compagne di classe preferite, la famiglia, i giochi e le litigate con fratelli e sorelle, il proprio nome scritto e riscritto. Altre cose, invece, difficilmente le troverete nei vostri vecchi diari, perché la famiglia di Sunita vive in una baracca in mezzo a una pineta all’interno di un campo rom. Dentro la baracca non c’è quasi acqua, quando piove si allaga tutto il campo ed è impossibile fare il bucato, se il vento è troppo forte c’è il rischio che il tetto voli via, manca la corrente elettrica, si vede la TV solo quando c’è abbastanza benzina per il generatore (e fino a quando dura la benzina).
Da settembre a giugno, durante il corso dell’anno scolastico 2012-2013, Sunita vive una doppia vita: nel week end è con la sua numerosa famiglia, durante la settimana è a casa di Luca e Clelia, con le loro due figlie, Marta e Bianca.
Prima dell’incontro con Luca, per circa un anno e mezzo Sunita smette di andare a scuola perché nel campo in cui vive il pulmino del Comune passa a prendere solo 3 bambini, quelli in regola con i documenti, mentre gli altri li lascia a terra (allo stesso tempo, però, arrivano poi le denunce per i genitori dei bambini che non rispettano l’obbligo scolastico).
Sunita racconta nel diario questo anno scolastico, suo è il punto di vista, “gli altri” sono quindi i gagè ovvero i non rom, come la famiglia di Luca, che a volte sembra avere fin troppe regole (lo stare a tavola tutti insieme, mangiare i broccoli, lavarsi i denti dopo aver mangiato, andare a letto ad una determinata ora la sera…). La vita al campo, invece, la vede molto più libera, non si parla di lavarsi i denti, patatine e Coca-Cola non mancano mai, ognuno mangia quando e dove vuole e nessuno ordina di andare a dormire.
Sunita racconta la sua vita quotidiana e anche le situazioni che a un occhio esterno possono sembrare più difficili e disagevoli (il campo allagato, la mancanza di elettricità…) per lei non sono nient’altro che la vita così com’è.
Sunita non è un personaggio di fantasia, il campo in cui vive (o, meglio, viveva) con la sua famiglia è il campo della Bigatteria, sgomberato definitivamente dal Comune di Pisa nell’ottobre 2015, e l’anno del diario è l’anno in cui Sunita ha vissuto con la famiglia di Luca Randazzo, autore del diario, durante la settimana (ritornando nel week end dalla sua vera famiglia).
Come indicato in fondo al libro, i diritti d’autore del Diario saranno devoluti all’associazione Articolo 34 (cui appartiene l’autore), un’associazione che sostiene il diritto allo studio di Sunita e di molti altri bambini. L’articolo 34 della nostra Costituzione, infatti, è proprio quello che sancisce il diritto allo studio dei bambini e delle bambine, un diritto non sempre realmente effettivo.