Il coraggio non è non aver paura. (Giovanni Falcone)
Se chiedi al tuo bambino cosa significhi essere coraggioso, scommetto che ti risponderà “Non aver paura!”. Potresti, allora, portarlo con te nella fattoria di Pedro, un galletto appena uscito dalle sue piume di pulcino e abbracciare tuo figlio mentre, dallo schermo, il nostro Pedro ripete con coraggio:
“Ho paura, ho paura, ho paura”.
Pedro galletto coraggioso (Un gallo con muchos huevos) è un cartone animato messicano della Huevocartoon Producciones che ha spopolato in America e che esce nelle nostre sale distribuito dalla Eagle Pictures.
Colorato, coloratissimo, ci proietta dalla prima scena in una dimensione in bilico tra la poesia dell’immaginazione, in mezzo a uova parlanti bianche lucide e gonfie che non vogliono finire fritte nell’olio bollente, fattorie e famiglie felici d’animali e la violenza di una società umana di periferia, dove la forza fisica e la prepotenza delle parole, dei gesti, dell’aspetto è la misura del coraggio e dell’essere “veri uomini” (o “veri galli”).
La storia di Pedro è la storia di un’usanza spietata, il combattimento tra galli e di un mondo verde e sereno quale sembra la fattoria in cui il galletto Pedro vive con la madre (cuore di mamma, che vede già in Pedro il bellissimo gallo che sarà!), con il vecchio Gallo del pollaio che passerà a Pedro il testimone, con sua figlia Didi, di cui Pedro, timidissimo, è innamorato, con un’allegra combriccola di uova e con Bacon, un bastoncino di pancetta! Accanto a questo piccolo universo c’è quello degli uomini, più triste, più piatto: la nonna, vedova, a cui hanno pignorato la fattoria, il suo grasso nipotino tele-dipendente e il Grande Evento che scandisce la vita umana e animale: la lotta tra galli nell’Arena. E mentre gli uomini organizzano, scommettono, si esaltano all’arena, esultando per il sangue, nel “piano inferiore” organizza, scommette si esalta il mondo dei Galli e delle Uova, replica più colorata e complessa di quello degli uomini, là, sullo sfondo.
Chi combatterà contro il temibile Sylvester Pollone, per salvare la fattoria su cui ha allungato gli artigli il grasso e corrotto Garcia lo Spietato? Pedro raccoglie la sfida, nonostante “la paura”, la “tanta paura”, sottoponendosi a un allenamento da Karate Kid.
Il nostro Pedro, a metà Dumbo e a metà Leone pauroso del Mago di Oz, imparerà a volare e a trovare la sua forza. Senza mai vergognarsi di non saper cantare “con la voce grossa”, di non saper “essere giusto e tosto” in mezzo a un duello “rap” tra anatre cantanti o di avere, semplicemente, paura.
Ci fa da subito simpatia, questo galletto che è l’esatto contrario di quello che, nella prima scena, la sua ombra muscolosa proiettata sulla parete ci fa credere, o forse quell’ombra è proprio il suo io nascosto, perché, potremmo dire al tuo e al mio bambino, la vera forza non è essere grossi, non è picchiar duro ed essere capaci di battere Sylvester Pollone, ma è l’amore di chi ti guarda e ti conosce a renderti grande: finalmente Pedro, nell’Arena, tira fuori un formidabile chicchirichiiii e sferra il colpo della vittoria (che combattimento da perdere il fiato!!)
Ma ora lasciatemi parlare da madre, forse vecchia.
C’è nel cartone animato, come in molti dei cartoni animati di oggi, un doppio livello di fruizione e il primo è quello più violento: il mondo degli uomini, ai margini della fattoria, al di là del deserto che lo rappresenta nella sua desolazione morale, è un mondo tracotante che non risparmia neppure la nonnetta vogliosa di far combattere il suo gallo e che contagia il mondo degli animali, tanto che solo la fattoria di Pedro ne sembra immune, immersa in uno spazio verde e rassicurante.
Il primo livello rappresenta una società che esalta la prepotenza anche visivamente: i corpi sono grassi come quello di Garcia, della nonna, degli spettatori dell’arena, con le bocche aperte a masticare o a gridare, come quello della donna che segna i round; sono corpi anabolizzati come quello di Sylvester Pollone, mentre incede nell’arena facendo percepire così chiaramente la potenza dei suoi passi, che anche mio figlio si rannicchia sulla sedia. Sono corpi che straripano, che ti schiacciano. Tutto è nel segno dell’eccesso: le anatre che gareggiano nel rap e quelle che nello stagno ascoltano sono aggressive, le parole sono dirette all’offesa, in una sfida che riporta a un mondo arcaico.
È l’apoteosi del brutto, del “forte”, che forse potrebbe dare un’immagine distorta del coraggio ai piccoli ma che è specchio di una certa realtà che la televisione e il cinema per bambini e ragazzi replica e amplifica: colpire è l’obiettivo, prima di tutto, con colori violenti, stordire con voci stridule, dialoghi urlati, nevrotici, riempiendo ogni possibile spazio di silenzio anche di intercalari inutili, come se non potesse mai esser dato fiato alla riflessione, all’attesa, a una pausa in cui ciò che sta succedendo si depositi nella mente dei nostri piccoli. È un’educazione alla prepotenza e all’adrenalina quella che proponiamo ai nostri ragazzi.
Per questo, quando nel mio bambino leggo l’orgoglio del pulcino che è in lui, emozionato che il “Grande e grosso Sylvester” dia la mano al Piccolo Pedro vincitore, lo stringo più forte per dirgli che Pedro e il Vecchio Gallo non alzano mai la voce, se non per salutare il giorno. E gli ripeto, ancora una volta, che il coraggio non è non avere paura.
Pedro Galletto coraggioso, di Gabriel e Rodolfo Riva-Palacio Alatriste, Messico 2015, in CGI, dal 3 Marzo al Cinema! Vedi il trailer