Tutti lo sanno quanto stia male
un libro intero senza morale.
E la morale è bella ma strana:
è sempre bello quel che si ama.
Voltala, e uguale è il ritornello:
quello che ami, per forza è bello.
Se te ne scordi o non lo sai
presto o più tardi lo perderai.
Su per i monti, di là dal mare,
se l’hai perduto vallo a cercare.
E la morale è bella e non nuova:
quel che si cerca poi si ritrova.
Beatrice Solinas Donghi, La gran fiaba intrecciata
All’età di 92 anni, il 23 ottobre ci ha lasciato Beatrice Solinas Donghi.
Scrittrice per ragazzi, per adulti e saggista, era nata il 23 marzo del 1923, in Liguria, a Serra Riccò, dal marchese Jack Donghi, scrittore e giornalista, liberale antifascista di origini inglesi, così come la moglie Eileen. Deriva dai genitori quindi la cultura bilingue di Beatrice, il suo interesse e studio per la letteratura inglese (materia in cui si laurea a Genova), in particolare per la narrativa vittoriana e le sorelle Brontë (del 2001 è il saggio Emily Brontë, al di qua della leggenda).
Beatrice Solinas Donghi è tra le più grandi voci italiane della narrativa per bambini e ragazzi, i suoi libri ci hanno accompagnato nella nostra infanzia e sono sempre in libreria (pur avendo meno spazio di quanto meriterebbero), spesso trovate le sue pagine anche nelle antologie scolastiche. La sua voce non ha mai smesso di parlare, non è mai invecchiata. Ci ha portato sul terreno della fiaba, ci ha fatto viaggiare in Oriente con Peonia e Fenice, le due sorelle imperatrici, abbiamo trascorso insieme una indimenticabile estate al castello con Ippolita e Gina…
A lei va il nostro saluto e il nostro più caro ricordo.
p.s.: una breve nota amara. È possibile che perché si parli di libri per ragazzi in Italia bisogna che qualcuno li vieti? La notizia della scomparsa di Beatrice Solinas Donghi l’ho scoperta per caso e con estremo ritardo. Mi sarei aspettata di trovare la notizia su qualche quotidiano nazionale. Certo, un titolo e un articolo non cambiano un dato di fatto, non restituiscono una perdita. Ma ricordare non è un atto sterile, vuol dire anche riconoscere il valore di qualcuno e certamente questo silenzio sarebbe stato un po’ meno assordante.