Dicono che l’anima pesi 21 grammi, quanto un cucchiaio di farina, ci pensate? Se fosse vero significherebbe che tutto ciò che di più vero siamo starebbe tutto in un cucchiaio. Eppure, come dice la poetessa romana Fernanda Romagnoli, alla nostra anima nulla spetta, non ha documenti, non ha freddo o fame, in pratica non esiste. Non è la Terra la sua dimora, essa aspira al cielo e solo lì trova identità, con cosa, con chi… chissà. Nessuno sa dove abiti, se nel cuore o in mezzo agli occhi o al centro della pancia, non cambia nulla. Dicono ci siano delle anime gemelle, nate insieme e poi divise, per questo poi non fanno altro che cercarsi. In generale, credo che siano pochissimi quelli disposti a scommettere sulla sua inesistenza, perché la sua impalpabilità è comunque avvertibile nel sentire quotidiano… Ops! il discorso si sta facendo complicato. La regola inflessibile di questa rubrica vuole che si aggiunga pochissimo ai versi del poeta, dunque, lascio a voi ogni ulteriore riflessione, anzi, se vi venisse voglia di dirci cosa vi viene in mente quando si parla d’anima fatelo pure, i commenti giù in fondo alla pagina servono a questo!
Tu
Tu, che chiamiamo anima. Tu profuga,
reietta, indesiderabile. Tu transfuga
dal soffio dell’origine.
Non ti spetta razione né coperta
né foglio di reimbarco.
Per registri e frontiere:
non esisti.
Ma in sere come queste, di cangianti
vaticinii fra i monti,
ad ogni varco
può apparire improvvisa la tua faccia
d’eremita o brigante.
«Fronda smossa,
pietra caduta» trasale in sé il passante
che la tua ombra assilla
di crinale in crinale,
mentre corri ridendo nell’occhiata
del cielo, che ti nomina e sigilla.
(Da Il tredicesimo invitato, Garzanti 1980)