“Ne ho vedute tante da raccontar, giammai gli elefanti volar…”
State canticchiando anche voi? No? Allora vi invito a fare un viaggio nel tempo fino alla vostra infanzia, in un cinema o a casa, in compagnia di Dumbo. Proprio al motivetto tratto dal film di animazione Disney deve il suo titolo il nuovo libro di Grazia Gotti Ne ho vedute tante da raccontar (Giunti), mentre il sottotitolo Crescere con i libri, così come la copertina di Davide Bart. Salvemini, ci anticipa che stiamo per leggere un libro che parla di altri libri, in particolare di libri per l’infanzia.
Nessuno metterebbe oggi in dubbio l’appartenenza di Dante, Shakespeare, Cervantes al cosiddetto Canone Occidentale, ma per quanto riguarda i piccoli? Manca (se non del tutto, è molto limitata) un’attenzione alla letteratura per l’infanzia. Si parla a volte di libri per bambini, dove “bambini” diventa quasi un termine dispregiativo per indicare qualcosa di semplice, un po’ sciocco, colorato, magari con qualche brillantino e qualche parola in rima sparsa qua e là. Fiabe, favole, albi illustrati, racconti, romanzi, tutto è nello stesso calderone, senza distinzione di genere, di fasce di età, di uso della lingua. In fondo, che cosa ci vorrà mai per scrivere un libro per bambini? Poi, a volte, viene quasi da sperare che i “libri per bambini” rimangano ignorati, viene voglia di sussurrarsi da un orecchio all’altro: Non ditelo ai grandi, come scriveva nella sua omonima opera Alison Lurie (titolo che è diventato il tema, nel 2014, della Settimana del libro e della cultura per i ragazzi a Bologna), perché il silenzio può essere preferibile all’ignoranza, quando questa comincia a parlare e impone la sua voce. Così in questi giorni cresce (fortunatamente) la polemica per i libri da ritirare dagli asili e dalle scuole dell’infanzia per disposizione del nuovo sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e, leggendo la lista dei libri da ritirare, tra cui spiccano anche alcuni amatissimi classici come A caccia dell’orso e Piccolo blu e piccolo giallo, prima di tutto appare chiaro che chi ha stilato la lista non conosce la materia, né dimostra interesse nel conoscerla. Le competenze, sì, sono necessarie in ogni campo, ma a volte basterebbe anche un poco di buon senso in più.
Parlando di competenze, in questo scenario un po’ sconsolante, è un piacere aprire il libro di Grazia Gotti e ritrovare la sua scrittura, chiara e decisa come la sua voce, nel momento in cui si interroga e cerca un canone letterario, all’interno del panorama italiano e straniero, dei libri per i piccoli dai 0 ai 6 anni, fascia in età prescolare in cui la lettura rappresenta un’importantissima risorsa nella crescita e nella relazione con l’altro.
Grazia Gotti, laureata in Pedagogia, co-fondatrice della storica libreria Giannino Stoppani di Bologna e dell’Accademia Drosselmeier (scuola per librai e giocattolai), si muove tra mostri selvaggi, foreste di carta e passaggi segreti tra libri con la confidenza di chi ha fatto di una passione anche il proprio lavoro e la propria quotidianità, avendo così modo di conoscere anche “il dietro le quinte” e confrontarsi con editori, autori e illustratori all’interno delle grandi occasioni delle Fiere o nel più ristretto spazio tra gli scaffali di una libreria. La sua costruzione di un canone segue la vita di una mamma, oltre che il suo percorso professionale, da pochi mesi dalla nascita del “cucciolo” (il figlio Bernardo, per una scelta non casuale, sarà chiamato quasi sempre così) con i primi libri di stoffa, ai cartonati, gli indistruttibili, crescendo sempre di più tra storie e albi illustrati. Un viaggio tra elefanti (Elmer, Babar…), orsi (come Winnie Puh, l’orso di Poco Cervello), maiali (come l’irresistibile Olivia), sotto il segno di Lionni, Sendak, Beatrix Potter, Richard Scarry, Munari, Rodari e molti altri.
Il libro è diviso in due parti, nella prima, quella riservata al canone, gli ultimi capitoli sono dedicati al presente, un’eccezione rispetto all’idea iniziale dell’autrice riguardo la struttura delle sue pagine, con la segnalazione di alcune realtà e presenze in linea con l’idea di tradizione perseguita. La seconda parte del volume, più breve, è invece dedicata alla lettura, allo studio e all’insegnamento e mette più in luce il percorso dell’autrice nella sua veste di addetta al settore su più fronti, in particolar modo lo studio, con il forte debito di riconoscenza nei confronti di Antonio Faeti e l’insegnamento all’interno dell’Accademia Drosselmeier.
Ne ho vedute tante da raccontar fa parte di una nuova collana di saggi, Album d’infanzia, di cui attendiamo curiosi il secondo volume che sarà dedicato ai giocattoli e ai giochi d’infanzia.